(di Stefano Cucco) Non c’è solo l’emergenza Covid a determinare grande preoccupazione per le zone rosse: è così anche per le disponibilità idriche, negativamente condizionate da un inverno finora avaro di significative precipitazioni. Impietoso è il confronto con l’anno scorso, quando i mesi più freddi furono caratterizzati da importanti fenomeni meteo che, oltre ai disagi, garantirono però apporti di pioggia, indispensabili a rimpinguare i bacini per rispondere alle esigenze del periodo estivo. L’evidenza arriva dagli antipodi della Penisola: a settentrione il livello dei grandi laghi resta abbondantemente sotto la media con l’eccezione del Garda; rilevante il deficit nel riempimento rispetto all’anno scorso, ma ancora più grande è il differenziale con il 2020 (lago Maggiore: 24% oggi, ma 89% nel Gennaio 2020). Analogo è il trend in alcuni bacini meridionali: in una settimana, nella Basilicata, la disponibilità idrica è aumentata di circa 6 milioni di metri cubi, che erano stati però ben 50 un anno fa; stesso andamento nella vicina Puglia: quasi 5 milioni di metri cubi in più contro mc. 14 nel 2021. Questo rallentamento nell’accumulo fa sì che sia negativo il differenziale sui volumi idrici, trattenuti un anno fa: -Mmc.4,01 negli invasi lucani, -Mmc. 4,65 in quelli pugliesi.
Tornando al Nord, tutti i fiumi sono in sofferenza (unica eccezione, la Dora Baltea in Valle d’Aosta). Le portate del Po sono in ulteriore calo, scendendo a livelli da estate piena: nel siccitoso 2021, simili fluenze (a Pontelagoscuro: 790,3 metri cubi al secondo; l’anno scorso erano mc./sec. 1829,8 e la media del periodo è mc./sec. 1252) si sono avute a fine giugno, mentre l’anno prima si registrarono a metà luglio. “La situazione, che settimana dopo settimana si sta disegnando soprattutto nell’Italia settentrionale”, afferma Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e della Acque Irrigue (ANBI), “ci porta a chiedere l’urgente attivazione dei tavoli di concertazione per identificare, nel rispetto delle priorità normative, le necessarie compatibilità fra i molteplici interessi gravanti sulla risorsa acqua”. I fiumi piemontesi sono tutti in calo (Tanaro: mc./sec. 26,2 contro mc./sec. 105 nel gennaio 2021) o stabili su livelli molto bassi (Varaita: mc./sec. 1,5), mentre in forte sofferenza sono quelli emiliani, candidati ad essere i primi ad entrare in zona rossa, dove peraltro sono già il Nure (portata: mc/sec 0,1!) ed il Secchia, la cui portata attuale (mc/sec 1,9) è ben al di sotto del minimo storico mensile (mc/sec 22,3). Basso è anche il volume dell’acqua trattenuta negli invasi piacentini: Mmc. 4,26 su una capacità complessiva pari a 21,5 milioni di metri cubi. Anche i fiumi Adda, in Lombardia e Adige, in Veneto, sono ai minimi degli anni più recenti, così come il Piave.
Se l’Arno, in Toscana, si attesta sui livelli medi mensili, crolli di portata, invece, si segnalano per i fiumi Sieve e soprattutto Serchio con una portata di mc./sec. 23 contro una media di gennaio pari a mc./sec. 59,93. In calo sono anche i volumi idrici trasportati negli alvei di Marche (i fiumi sono tutti sotto le portate 2021) e Lazio (i fiumi Sacco e Liri-Garigliano sono ai minimi dal 2017); in Umbria, alla ripresa dicembrina delle piogge non corrisponde un incremento dei livelli nel lago Trasimeno e nel bacino Maroggia, entrambi al minimo nel recente triennio. Trend in discesa anche in Campania, dove al bilancio negativo di Volturno e Sele, si aggiungono quelli dei bacini di Piano della Rocca (- 38,5% rispetto al volume idrico di un anno fa) e di Conza (-1.600.000 metri cubi sul 2021). Seppur stabili, restano confortanti le disponibilità idriche in Abruzzo, Calabria e Sardegna, mentre sta continuando l’evoluzione positiva della contingenza idrica in Sicilia, i cui bacini stanno trattenendo Mmc. 577,56 ,cioè circa 253 milioni di metri cubi in più rispetto all’anno scorso. “Resta il rammarico”, conclude Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, “che la positiva condizione idrica potrà essere solo parzialmente sfruttata dall’agricoltura dell’Isola, a causa del mancato completamento di numerosi schemi idrici. Il più volte sollecitato ritorno all’ordinaria amministrazione democratica nei Consorzi di bonifica, valorizzando l’autogoverno ed abbandonando commissariamenti pluridecennali, sarebbe un importante elemento propulsivo per un rinnovato protagonismo del territorio”.