(di Stefano Tenedini) Non sappiamo ancora quando si andrà alle elezioni amministrative e quindi quando terminerà l’attuale legislatura del Comune di Verona. Ma già oggi posso confermare – e non c’è verso di farmi cambiare idea – che non prenderò parte alla prossima campagna elettorale e che con la politica ho chiuso. No no: né con il Movimento 5 Stelle né con un altro partito. Ho detto di no: con nessuno”. C’è ben poco da insistere con Marta Vanzetto: è una partita chiusa e non c’è più spazio per i ripensamenti. Entrata a Palazzo Barbieri nel 2017, è stata capogruppo per quattro anni e capo di se stessa nell’anno rimanente, da quando nel febbraio 2021 l’ex candidato sindaco Alessando Gennari ha scelto di passare con la Lega.

“Si è chiusa è una fase della mia vita: quella dell’impegno politico”, spiega convinta. “E al di là degli schieramenti in campo, la delusione più cocente è quella che provo per il Movimento, al quale ho dedicato tempo ed energie che ho sottratto al lavoro, alla mia vita personale e soprattutto alla mia famiglia. Delusa perché ci siamo presentati credendo in un ideale, però non sapevamo di dover fare i conti con la realtà. Parlo di Verona, ma anche del livello nazionale. E quando con abbiamo avuto la possibilità di intervenire e di fare la differenza, spingendo per cambiare la società e risolvere i problemi del Paese, siamo diventati parte del problema. Invece dei valori che ci ispiravano, in troppi hanno scelto i posti e il potere”.

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Marta Vanzetto con Luigi di Maio e altri esponenti vecchi e nuovi del M5S a Verona nel 2015. La rivoluzione sembrava ancora possibile.

Quindi in definitiva registriamo che con la politica ha chiuso, che non si ripresenterà per alcun partito e non accetterà inviti. Nemmeno da chi le aveva chiesto di cambiare schieramento dopo l’uscita di Gennari.

“Ma figuriamoci, neanche se mi ammazzano. Da questa lunga vicenda, che comunque sul piano personale non rinnego, traggo una desolante constatazione: gli italiani – e dico tutti, cittadini e politici – devono fare ancora tanta strada prima di poter costruire il cambiamento al quale tutti a parole diciamo di aspirare”.

«Noi in prima linea con le proposte; i nostri capi a Roma a dire di sì a tutto, come la Tav, oppure a scappare dai problemi, come per la Fondazione Arena»

Restando al Movimento, ci può fare qualche esempio che spieghi il disagio crescente che sta descrivendo?

“Di sicuro la distanza tra il tornaconto e gli ideali si è misurata anche sul territorio. Se dovessi raccontarla come una saga familiare, direi che siamo stati sedotti dall’ideale, abbiamo chiesto il voto ai cittadini, l’abbiamo ricevuto: ma poi, una volta eletti, siamo stati abbandonati e traditi dai leader. I rappresentanti nazionali non ci hanno mai sostenuti nelle battaglie che credevamo condividessero, ma anzi hanno remato contro con dei voltafaccia clamorosi e imbarazzanti, di cui gli elettori e gli attivisti però hanno chiesto conto solo a noi, qui, a Verona. Posso anche fare solo due esempi: il dietrofront sulla Tav, con Di Maio che al Vinitaly 2019 ha detto con tutta la sua faccia tosta “L’opera si deve fare”. E Toninelli che si sottraeva agli incontri e ai confronti con i rappresentanti e le associazioni. L’altra delusione l’ho subita sulla Fondazione Arena, quando nonostante il Movimento avesse Bonisoli come ministro ai Beni culturali, non è mai riuscito a far emergere le numerose criticità che stavano affossando l’ente… anzi, non ci ha neanche provato”.

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Vanzetto con Di Maio nel 2018, al tempo del governo gialloverde
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Il dietrofront sulla Tav, uno schiaffo che ha scosso gli attivisti

E’ chiaro come questi episodi abbiano inciso sulla sua voglia di fare politica e sulla stima per il M5S e i suoi riferimenti. Ma non le dispiace chiudere così il tempo dell’impegno?

“Certo che sono dispiaciuta. E’ stato il primo progetto politico al quale ho creduto e per il quale mi sono prodigata, e a questo punto ho deciso che sarà anche l’unico. Come dicono i rianimatori, a un certo punto bisogna pur prendere atto che è finita e staccare la spina. A farmi fare questo passo e a spingermi a chiudere definitivamente senza voltarmi più indietro è stata anche la mancanza di coraggio del Movimento. Sia a livello sia locale che nazionale non ha cercato una nuova identità, partendo anche dagli errori, per poi presentarsi agli elettori con una nuova dignità e finalmente con la necessaria maturità politica. Invece, come dimostra efficacemente la cronaca quirinalizia di questi giorni, cerca a tutti i costi di accomodarsi nel caos generale, stando in una sinistra in cui siamo al traino del PD come un cieco guidato da un sordo”.

Ma vale anche qui a Verona oppure questa corte dei miracoli lei la vede solo nei palazzi romani?

“Magari… purtroppo no, c’è anche qui. Anzi, a Verona sta succedendo esattamente il contrario di quello che ci si poteva attendere cinque anni fa: e cioè che oggi è il Movimento a implorare la coalizione di centrosinistra di farlo entrare nella partita elettorale per il sindaco. E infatti nonostante settimane e settimane di incontri, di cui l’ultimo meno di una settimana fa, sta ancora aspettando una risposta”.

«Tommasi non è il regista delle prossime elezioni. Il gioco l’ha in mano Tommaso Ferrari. Quanto a noi: ho assistito a riunioni imbarazzanti, coi CinqueStelle ad implorare di entrare nella coalizione…senza avere ancora risposte»

Ma chi è l’allenatore della coalizione? Immagino che ovviamente sia ex calciatore Damiano Tommasi.

“Eh no. Lui sarà pure il centravanti, ma l’allenatore è Tommaso Ferrari di Traguardi, che lo ha lanciato e sostenuto come candidato. Ho partecipato di recente a una riunione imbarazzante con Tommasi, probabilmente l’ultimo atto della mia vita politica, alla quale per il M5S erano presenti il ministro D’Incà, la deputata Businarolo e altri esponenti locali. Per tutti i 90 minuti regolamentari il candidato ha elencato gli innumerevoli difetti del Movimento sul piano tecnico e umano, che non gli consentirebbero di accedere a quei tavoli politici che invece accolgono gli ambientalisti. Contestazioni mortificanti, quasi offensive, che hanno lasciato di stucco tutti meno D’Incà, che ha confermato serenamente di voler accogliere qualunque condizione pur di entrare in coalizione. Del resto anche il Partito Democratico al momento sembra privo di una personalità abbastanza di spicco da contrapporre a Sboarina: per questo si sta accontentando della proposta di Traguardi”.

A parte il PD, ma da quando il Movimento del “vaffa” è diventato così arrendevole nelle trattative politiche?

“Da quando i vertici nazionali hanno accettato di diventare il tonno invece di aprire la scatoletta. Intendo dire che oggi anche a livello locale non abbiamo nient’altro da portare in una coalizione che il nostro simbolo, sempre che non faccia perdere più voti di quanti ne raccolga. Perché non sappiamo chi siamo, dove vogliamo andare e con chi. E infatti non abbiamo nemmeno idea di quanti siamo. Insomma, quanti elettori ci saranno rimasti, per risultare interessanti per il centrosinistra? Ed è per questo che la risposta della coalizione a una nostra possibile adesione ancora non è arrivata. Ma io mi fermo qui: è per tutti questi motivi ho deciso che è ora di smettere. Ho condiviso i sogni e gli ideali, le illusioni e anche le delusioni del Movimento, ma sempre con una passione incondizionata: e questo è il ricordo che voglio conservare. Non voglio arrivare a pentirmi di non aver chiuso con la politica dell’opportunismo”.