Il ministero dell’Istruzione ha deciso: all’esame di maturità del 2022 torneranno ad esserci due prove scritte, quella d’italiano e una seconda, diversa per ciascun liceo o scuola superiore. Gli uffici ministeriali stanno inviando ai sindacati di settore un’informativa in merito.
Gli studenti, appresa la notizia, sono arrabbiatissimi. Già -dicono- l’esame di maturità è un esame senza senso. Se poi, dopo tutte le avversità di questi ultimi tre anni, ce lo rendono ancora più complicato aggiungendo un’altra prova scritta, vuol dire che non si tiene conto delle difficoltà che abbiamo affrontato con le vacanze forzate e le varie didattiche a distanza. E la Rete degli Studenti minaccia scioperi su tutto il territorio nazionale per contrastare la decisione del ministro Bianchi.
In effetti bisogna ammettere che non hanno tutti i torti. L’esame di maturità è sempre stato lo spauracchio di intere generazioni di studenti che, anche a distanza di anni, divenuti adulti, ancora se lo sognano. La formula nel corso degli anni ha subito diverse modifiche, sempre sulla linea dell’alleggerimento. Molti si chiedono se abbia ancora un senso che lo Stato abbia bisogno di controllare sé stesso, verificando la preparazione degli studenti di insegnanti statali o di scuole parificate. O si fida dei suoi dipendenti o non si fida, viene da pensare. A che cosa serve mettere in moto tutto un meccanismo di spostamenti di personale docente, con tanto di pagamento di trasferte, per verificare se i loro colleghi hanno o non hanno insegnato bene o se i loro studenti hanno o non hanno imparato bene? Il tutto con un colloquio di mezz’ora o giù di lì? Oltretutto è anche una spesa per lo stato. O forse fa comodo tenere in piedi questo inutile esame per giustificare qualche soldo in più nelle buste paga degli insegnanti? Forse più che aggiungere una prova scritta bisognava abolirlo.