(s.t.) E’ il costo dell’energia, che in pochi mesi ha toccato il soffitto e lo ha sfondato, il primo nemico dell’economia manifatturiera italiana. Rincari e rischi di contraccolpi anche sulla stessa capacità e continuità delle filiere, al punto che alcune preferiscono stare ferme e aspettare, hanno infatti azzoppato la produzione sia a dicembre – con una perdita dello 0,7% – che soprattutto a gennaio, quando il calo ha toccato l’1,3%. Lo ha reso noto oggi il Centro Studi di Confindustria nella sua periodica Indagine rapida, che rileva appunto come la produzione industriale italiana sia stimata in forte caduta.

“La contrazione”, conferma lo studio curato dagli analisti da Stefano Di Colli e Sofia Felici, “è dovuta al caro-energia (elettricità +450% a dicembre 2021 su gennaio 2021) e al rincaro delle altre commodity che comprimono i margini delle imprese e, in diversi casi, stanno rendendo non più conveniente produrre. A questo si sommano le persistenti strozzature lungo le catene globali del valore. Tale dinamica mette a serio rischio il percorso di risalita del PIL avviato lo scorso anno”. Il CSC, nel rilevare il forte calo della produzione industriale nei due mesi appena trascorsi, calcola che “con queste stime nel 4° trimestre del 2021 si registrerebbe un aumento di appena +0,5% sul 3°, con una variazione acquisita nel 1° trimestre 2022 di -1,1%. Gli ordini in volume aumentano in gennaio dello 0,3%, in rallentamento rispetto all’incremento di dicembre sul mese precedente (+0,5%)”.

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“Siamo un paese che è abituato a lavorare costantemente sull’emergenza, ma non possiamo definire il problema energia un fulmine a ciel sereno. Basta guardare l’andamento dei grafici che segnano già dall’anno scorso un aumento vertiginoso dei costi del gas. E questo è un fattore di forte criticità per la sopravvivenza di molte imprese”. Non fa nulla per nascondere la preoccupazione anche Paolo Errico, già presidente della Piccola Industria del Veneto e da un mese vicepresidente delle PMI di Confindustria nazionale per l’Innovazione e la Transizione Digitale.

“Anche rispetto ai nostri concorrenti per Italia l’impatto è sicuramente molto più pesante, considerato che per noi la forbice tra i consumi e i costi dell’energia è molto ampia e le fonti di approvvigionamento non sono stabili né differenziate”, prosegue Errico. “Di certo l’abitudine di rispedire sempre la palla nell’altro campo, dando di volta in volta la colpa a Putin, agli Stati Uniti, al gasdotto North Stream ancora chiuso, stavolta ci è tornata indietro, grazie a una politica disattenta e lontana dalle necessità di famiglie e imprese”.

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Vero che il ministro Cingolani, che conosce bene il problema, ha racimolato altri fondi per contenere il caro bollette, ma i tempi sembrano molto cupi e le soluzioni troppo lontane. Rispetto alle imprese siamo tornati a premere per allungare i tempi di restituzione dei debiti sottoscritti per il Covid, portandoli a 10-15 anni, ma restiamo molto perplessi. Il problema quindi”, conclude il Ceo di Maxfone, “saranno i flussi di cassa, messi sotto forte pressione dai costi maggiori di energia, materie prime e trasporti”.

Si tratta di pessimi segnali, che spengono in parte gli entusiasmi per l’incremento del PIL nel 2021 e le aspettative per una replica anche nel 2022. “L’inversione di tendenza della dinamica dell’attività industriale è coerente con l’andamento dei principali indicatori congiunturali che negli ultimi mesi hanno segnalato un’attenuazione della favorevole performance economica”, mette infatti in guardia Confindustria. “L’affievolirsi della fiducia delle imprese manifatturiere, in particolare il calo delle attese produttive, riflette principalmente l’acuirsi degli ostacoli alla produzione che, nel 4° trimestre, hanno penalizzato enormemente l’attività economica. L’insufficienza di materiali e la scarsità di manodopera hanno toccato i valori massimi degli ultimi dieci anni, segnali cui si aggiungono i significativi aumenti senza precedenti dei costi di esportazione e dei tempi di consegna”.

Il perdurante incremento dei prezzi delle commodity ha contribuito ad erodere i margini delle imprese, penalizzando l’attività industriale. Secondo gli ultimi dati per le piccole e medie imprese del settore manifatturiero l’indicatore, pur confermando ancora un quadro espansivo per il diciannovesimo mese consecutivo, registra un rallentamento a gennaio, dato peggiore in 12 mesi, a causa di continue interruzioni sulle catene di approvvigionamento. “La dinamica della produzione industriale riflette le tensioni parzialmente emerse anche per i partner europei: la produzione tedesca è scesa a novembre dello 0,1%, quella francese dello 0,2% a dicembre”, conclude il CS Confindustria. “L’Eurozone Recovery Tracker segnala, per la componente produttiva, una diminuzione pari al 2,8% nelle prime due settimane di gennaio rispetto alle due precedenti, cui si aggiungono incertezze di politica economica”.