(di Paolo Danieli) Con i problemi che ci sono, occuparsi di legge elettorale può sembrare fuori luogo. Non lo è. Ma non si possono ignorare i problemi strutturali della politica. Perché è da lì che deriva tutto. Non possiamo lasciare che a scegliere i nostri rappresentanti continuino ad essere cinque o sei capi partito. Allora bisogna mettere mano al meccanismo con il quale il popolo cui, fino a prova contraria e almeno per ora, appartiene “la sovranità” (art.1 della Costituzione), elegge il Parlamento. L’inghippo è tutto lì. Perché se nel momento chiave della democrazia sono riusciti a sottrarre al cittadino la possibilità di scegliere chi lo rappresenta, la democrazia non c’è più. Rimane solo una parvenza. E le elezioni restano solo uno strumento per legittimare decisioni altrui.
Breve storia.
Tutto è cominciato con il crollo della 1^ Repubblica. Per mezzo secolo s’era votato col proporzionale. Per reazione a Tangentopoli con i partiti venne affossato anche il sistema elettorale. Il pretesto: la governabilità. Per garantirla venne adottato un sistema maggioritario, il “Mattarellum”, che obbligava i partiti i a formare delle coalizioni, necessarie a far prevalere il candidato nei collegi uninominali. Il nome del candidato, scelto dal partito, è scritto sulla scheda. Questo sistema prevede il bipolarismo, che ha caratterizzato la 2^ e, parzialmente, anche la 3^ Repubblica.
Rispetto al proporzionale annulla la possibilità dell’elettore di scegliere il proprio rappresentante. Può solo non-scegliere. Se il candidato della coalizione di suo riferimento non gli è gradito, al massimo può votare scheda bianca o il candidato della coalizione concorrente. Nel 2006 il “Mattarellum” è sostituito dal “Porcellum”, nel senso di porcata. Un sistema misto, maggioritario/proporzionale, in cui tutti i candidati sono scelti dai capi partito e vengono eletti a piè di lista. Un ulteriore peggioramento avviene con il “Rosatellum” nel 2017. Un sistema pasticciato che comunque garantisce ai capi partito di “nominare” gli eletti. Adesso, dopo il taglio di un terzo dei parlamentari, ci vuole una nuova legge elettorale. Ma a renderla ancora più necessaria è il mutato assetto politico.
Proporzionale e maggioritario
Oggi non esiste più il bipolarismo che ha caratterizzato la politica italiana dal 1994 al 2018. Con la vittoria del M5S si è passati ad un assetto tripolare, che oggi è diventato multipolare. Il maggioritario implica il bipolarismo e, dicono i sostenitori, se non c’è lo produce, perché costringe i partiti ad aggregarsi. Ma se poi, come in questa legislatura, i parlamentari, non riconoscendosi nella coalizione di riferimento, cambiano casacca, l’effetto aggregante scompare. E con esso la governabilità, che del maggioritario è la principale giustificazione. L’esempio di quello che è accaduto negli ultimi anni è illuminante. Il Pd ha perso un pezzo a sinistra (Leu) ed uno al centro (Renzi). Il centrodestra s’è spaccato in quattro pezzi. Senza considerare che poi all’interno di ciascun partito ci sono idee e sensibilità differenti. Una legge maggioritaria che costringesse ad aggregazioni che nella realtà si sono scomposte sarebbe una forzatura destinata a fallire subito dopo. Al contrario una legge proporzionale che garantisca rappresentanza a tutte le componenti politiche, magari corretta con uno sbarramento al 3 o 5%, sarebbe più aderente alla realtà della nostra società, più variegata e composita di altre, difficilmente riconducibile a due blocchi.
Il problema principale
Tecnicismi elettorali a parte, bisogna farsi una domanda dirimente: qual è oggi il problema principale della politica? La risposta è evidente anche se pochi lo dicono. E’ lo smantellamento della democrazia, realizzato con lo svuotamento dei partiti, privi di partecipazione e democrazia interna, con la “nomina” dei parlamentari e con la sostituzione dei politici con i “tecnici”. Oggi abbiamo un sistema che della democrazia conserva solo la forma. In realtà è un’oligarchia. Il popolo se n’è accorto e s’è allontanato dalla politica, assecondando inconsapevolmente con l’astensionismo e lontananza dai partiti il disegno oligarchico. Se ci sta bene lasciare a pochi il controllo della nostra vita e del nostro futuro allora stiamo pure a guardare. Ma se pensiamo che vale la pena salvare la democrazia riportando la sovranità al popolo allora la prima cosa da fare è intervenire sul primo meccanismo che realizza la sovranità, avvero il momento elettorale. Va da sé che il primo passo non può che essere un sistema proporzionale con le preferenze. Proporzionale, perché solo dando all’elettore la possibilità di votare per il partito che più lo rappresenta possiamo ottenere il risultato di avere in Parlamento la reale rappresentanza degli italiani. Con le preferenze, perché solo così l’elettore può scegliere il candidato che lo rappresenta. Con un ulteriore vantaggio: il sistema proporzionale con le preferenze costringerà i partiti ad attuare tutti quei meccanismi di democrazia interna e partecipazione che soli li rendono mediatori fra il popolo e le istituzioni, la cui mancanza ha fatto ingrippare l’intero sistema.