(di Stefano Cucco) Mentre si allarga al Centro-Sud Italia la preoccupazione per il deficit idrico, che sta colpendo il Paese, è al Nord, che si stanno battendo tutti i record negativi: decresce anche il lago di Garda ed il lago d’Iseo registra una percentuale di riempimento pari solo al 13,6%, mentre il Maggiore ha un’altezza inferiore di circa 76 centimetri alla media del periodo. Il fiume Adige segna l’altezza idrometrica più bassa dal 2014 e gli altri corsi d’acqua del Veneto non fanno meglio: portate più che dimezzate rispetto al 2021 con il livello della Livenza inferiore di oltre 2 metri; per quanto riguarda il deficit pluviometrico regionale, a gennaio è indicato in -53% con picchi nei bacini di Adige (-68%) e Brenta (-66%).
“E’ un quadro allarmante, quello che emerge dal report settimanale dell’ Osservatorio sulle Risorse Idriche” commenta Francesco Vincenzi, Presidente dell’Associazione Nazionale dei Consorzi per la Gestione e la Tutela del Territorio e delle Acque Irrigue (ANBI). “A fronte di tale quadro, il cui futuro è affidato alla magnanimità del fato meteorologico, è fondamentale che il recente inserimento della tutela ambientale fra gli obbiettivi della Costituzione, non sia solo una mera, per quanto importante, affermazione di principio, ma sia l’avvio di un nuovo, quanto urgente paradigma operativo per il Paese”.
A NordOvest la neve scarseggia perfino in Valle d’Aosta, dove non si registrano significative precipitazioni da circa un mese e l’innevamento pare indirizzato a segnare nuovi minimi storici; questa condizione si ripercuote sul principale fiume della regione, la Dora Baltea, che questa settimana vede ridotta la sua portata da 29,7 a 19,50 metri cubi al secondo. Da inizio dell’anno, in Piemonte, le precipitazioni sono inferiori del 93% sulla media storica e le temperature hanno toccato, in alcune occasioni, il massimo storico del periodo. La neve è molto scarsa e le portate del fiume Po sono più che dimezzate rispetto all’anno scorso, ormai evidenziando acclarate “caratteristiche di magra”, nonchè i primi segnali di danni all’habitat; a Torino è stata registrata una portata di 29,2 metri cubi al secondo, mai toccata nel 2020, neppure nel periodo estivo di massima calura.
“Se ovviamente l’attenzione è soprattutto concentrata sul futuro delle produzioni agricole e quindi del cibo”, evidenzia Massimo Gargano, Direttore Generale di ANBI, “non vanno comunque dimenticati le ancora poco conosciute conseguenze dell’attuale situazione climatica sugli ecosistemi, dove comunque si sta assistendo alla riduzione di specie autoctone, sopraffatte dall’arrivo delle cosiddette tipologie aliene, più adatte a riprodursi in condizioni ambientali estreme”.
Rimanendo sul Grande Fiume, ma nel tratto lombardo-emiliano, si segnala il record negativo di Piacenza, che tocca il punto più basso dei recenti 15 anni, scendendo addirittura sotto al livello dell’eccezionalmente negativa annata idrologica 2015-2016 ed anticipando analoga sorte, permanendo le attuali condizioni, anche sul resto dell’asta fluviale. Non solo Po, comunque: sono in calo anche gli altri fiumi piemontesi (portata fiume Tanaro: mc./sec. 24,8 contro mc./sec. 197) , mentre l’Adda torna a fare registrare la portata più bassa dal 2017 in una Lombardia, dove il divario tra le riserve idriche, attualmente accumulate e quelle del passato continua ad aumentare (-54,4% sulla media storica con un volume di neve, stimato in solo 578,9 milioni di metri cubi contro i quasi 3819 milioni dell’anno scorso ed una media dal 2006, pari a Mmc. 1911,80!).
Spostandosi a NordEst, in Friuli Venezia Giulia, il fiume Natisone è praticamente “in secca”, toccando una portata minima di 0,7 metri cubi al secondo.
In Liguria, i dati parlano di un aumento delle temperature minime di oltre mezzo grado negli ultimi 30 anni; la siccità ha iniziato a mettere in difficoltà i territori di Ponente: ad Imperia il torrente Impero è praticamente in secca ed a Ventimiglia il Roja, il torrente più importante, è nella stessa situazione. A Levante, i quantitativi minimi per permettere l’attuale richiesta irrigua sono garantiti ma, se persisterà l’attuale condizione, l’estate si annuncia difficile. I dati delle centraline idrometriche a Gennaio sono sconcertanti: ad Imperia sono caduti 4 millimetri di pioggia contro i mm. 70,6 del 2020; a Savona mm. 7,4 contro i mm.71 di due anni fa.
In Emilia Romagna, dove mezza regione pare essere dimenticata dalla pioggia, i fiumi sono “a secco” con portate estive. Oltre al Nord, la situazione più grave è quella della Toscana, dove le portate dei corsi d’acqua sono tutte ampiamente al di sotto della normalità (fiume Arno: mc./sec . 13.80 contro una media a Febbraio di mc./sec. 110,82). Importanti cali di portata si registrano anche nei fiumi delle Marche (altezza idrometrica dell’Esino: cm 29, ma l’anno scorso era cm 107) e del Lazio, dove sono gli alvei del bacino del Liri-Garigliano a mostrare i segnali di maggiore sofferenza (tutti ai minimi dal 2017).
In Campania, i fiumi Garigliano, Volturno e Sele si posizionano su valori inferiori alle medie del periodo, segnando l’ingresso della regione in una fase di siccità invernale, dove si segnalano in calo anche i volumi trattenuti nel lago di Conza e nei bacini del Cilento (quello sotteso alla diga di Piano della Rocca sul fiume Alento contiene il 48,31% rispetto ad un anno fa). In Umbria, i dati pluviometrici sono più bassi rispetto al passato, così come i volumi invasati nella diga di Maroggia e l’altezza idrometrica del lago Trasimeno, la più bassa dal 2010.
Nella Bassa Valle del Tevere, la portata del “fiume di Roma” è in linea con le annate più siccitose ed al rilevamento di Monte Molino, a monte del lago di Corbara, con un’altezza idrometrica di m. 0,58 (media storica m. 1,28), si ha il valore più basso del decennio con un livello inferiore di oltre 2 metri e mezzo rispetto ad un anno fa. In Basilicata i principali bacini trattengono oltre 20 milioni di metri cubi d’acqua in meno rispetto all’anno scorso, così come in Puglia, dove sul “granaio d’Italia” nel Tavoliere è piovuto la metà del 2021. Tra i pochi dati positivi vanno segnalati quelli degli invasi di Penne, in Abruzzo e di Sant’Anna, in Calabria: entrambi sono al top degli anni più recenti; bene anche la Sardegna, dove i volumi invasati a gennaio sono superiori alla media degli scorsi 12 anni.