(b.g.) “Aut Caesar, aut nihil”; o tutto, o niente. Le prossime amministrative valgono il tutto per tutto per Federico Sboarina e Flavio Tosi. E quindi prepariamoci ad uno scontro senza quartiere nel centrodestra scaligero. E’ questo lo scatto – che cristallizza questo lunghissimo avvio di campagna elettorale – di Lillo Aldegheri che dal 1975 in qua le elezioni comunali di Verona le ha vissute tutte. La prima come giovane candidato socialista (e gli andò bene, divenne vicesindaco di Renato Gozzi per cinque anni: “Allora andava così – si schermisce oggi – mandavano avanti i ragazzini a farsi le ossa”), poi tutte le altre come cronista per TeleNuovo e il Corriere della Sera. Fra poco più di cento giorni (ipotesi primo turno al 22 maggio) seguirà l’ennesima puntata del feuilleton politico veronese. Quindi, a chi altri chiedere come finirà la prossima primavera?
«E chi lo può dire adesso? L’unico dato certo è che bisogna tornare alla elezione per il secondo mandato di Gabriele Sboarina, quella del 1985, per vedere così tanta tensione sulla ricandidatura o meno del sindaco uscente. Allora la DC voleva revocare Sboarina, il sindaco dello scudetto, e gli mandò contro Riccardo Ceni. Lui si oppose, combattè praticamente da solo e venne rieletto (col 68,6% dei voti dei quali ben il 44,1% patrimonio del solo scudo crociato). Quando gli chiesi come aveva fatto, mi rispose che la sua campagna elettorale si era basata sugli studi del Mit, il Massachusetts institute of tecnology di Boston…».
Federico replicherà Gabriele? «Guarda, molto dipenderà dal voto di opinione che sinora non è emerso dai tanti sondaggi pubblicati. Al momento, non sembra che la campagna elettorale sia nei pensieri dei Veronesi, andando in giro non ne senti parlare proprio, quindi tutto dipenderà dalla campagna elettorale e dalla sua qualità».
Ti attendi fair play? «Tutt’altro, sarà una campagna elettorale dura, senza prigionieri. I due duellanti del centrodestra si giocano la sopravvivenza politica. La sconfitta del sindaco uscente avrebbe effetti pesanti anche sulla ricomposizione nazionale dello stesso centrodestra perché diventerebbe la conferma di un trend negativo alle elezioni amministrative davvero lungo. E bisognerebbe trovarne i responsabili. Per Tosi, avendo rifiutato tutto quello che gli è stato proposto nelle ultime settimane per rinunciare alla candidatura e garantire così un centrodestra unito, sarebbe difficile trovare una collocazione. Non c’è proprio spazio per il fair play».
Ci sono in campo due centrodestra diversi?
«No, direi proprio di no. E’ un solo centrodestra: Sboarina e Tosi pescano dallo stesso bacino fatto di elettorato ex democristiano conservatore – non a caso Tosi ama definirsi doroteo –e componenti più estreme. La divisione non è ideologica, ma personale».
Quindi ha ragione Paolo Berizzi sulla Verona nera?
«Il tema non mi appassiona, e non appassiona neppure i Veronesi: è un tema che piace molto di più fuori Verona. Non nego la presenza di una componente neofascista in città, ma non penso che vedremo orde di camice nere ai seggi. Non credo sposterà voti».
E come vedi Damiano Tommasi?
«Come Enrico Letta alle ultime Presidenziali ha un gran vantaggio: gli basta “fare il morto” per incassare il dividendo dello scontro nel centrodestra. Ora però deve iniziare a spiegare ai veronesi cosa vuole fare concretamente, come e con chi. L’attendismo non potrà durare all’infinito e credo che già la prossima settimana lo vedremo in campo».
Rispetto a cinque anni fa, alla candidatura di Orietta Salemi, il centrosinistra è questa volta un monolite?
«In partenza appare più coeso, ma anche lì si vedrà alla prova dei fatti: ai primi impegni da prendere. Ad esempio, il filobus. E’ vero che è un fallimento del centrodestra, ma anche il centrosinistra ha il suo pezzetto di responsabilità: quale proposta farà Tommasi? Dalla risposta della sua coalizione capiremo quanto sarà capace di restare unita».
Quanto peserà il mondo cattolico?
«Onestamente non ne ho idea, non è il mio mondo. Tanti dichiarano di rappresentarlo, ma manca sempre la prova. Non vorrei che fosse come nell’elezione di Paolo Zanotto, il centrodestra accusò il vescovo di allora di aver “guidato” il mondo cattolico. Ma la differenza fra la vittoria e la sconfitta era la percentuale esatta dei voti di Michela Sironi. Che era liberale. Quindi…».
Non avremo una candidatura dai CinqueStelle…
«E ti stupisci? Odiavano la politica, ma soprattutto hanno dimostrato di non saperla fare. Anche a Verona. Non è rimasto più nessuno…».
Damiano Tommasi è un calciatore: proviamo a dare un ruolo in campo ai candidati sindaco..
«Se proprio dobbiamo..»
Federico Sboarina? «Abatino, ma perché lo disse lui stesso: parlando della sua prima giunta definì Polato il “suo” Benetti e il suo ruolo quello di Rivera».
Flavio Tosi? «Roccioso».
Damiano Tommasi? «Mediano».
Michele Croce? «In panchina».
Non voglio farti fare il reduce o l’omarel dei cantieri: ma vedi differenze con la precedente politica?
«Una ed è clamorosa: oggi non parla più nessuno. Vai ai consigli comunali, o nelle commissioni, e senti un assessore e poi il solo Michele Bertucco. Dai banchi non parla più nessuno. Lo stesso Tosi non interviene da più di un anno. L’altra sera in discussione c’era lo statuto della Fiera e l’approvazione della rigenerazione dell’ex Manifattura Tabacchi: ci sono state due dichiarazioni e basta. Eppure sono argomenti, la Fiera in particolare, strategici…ma a parte un comunicatino stampa nessuno ha avuto niente da dire. Fa pensare…»