Fa rumore da sentenza della Corte Costituzionale che ha dichiarato inammissibili tre referendum: su “eutanasia legale”, cannabis e responsabilità civile diretta dei magistrati. Il neo eletto presidente della Corte Costituzionale Giuliano Amato in conferenza stampa, rispondendo alle polemiche suscitate soprattutto dalla bocciatura del quesito referendario sul fine vita ha dichiarato secco:  “peccato che il referendum non fosse sull’eutanasia ma fosse sull’omicidio del consenziente”. “Ci ha ferito – ha spiegato Amato- sentire che chi ha deciso così non sa cosa significa la sofferenza. Ma è la parola eutanasia che ha portato tutto questo. Il referendum era su omicidio del consenziente” ha precisato Amato. “Il quesito sull’omicidio del consenziente apriva all’immunità penale per chiunque uccidesse qualcuno con il consenso di quel qualcun altro”. Tocca però adesso al Parlamento fare una legge sul fine vita che permetta di risolvere tanti casi di indicibile e inutile sofferenza di persone senza alcuna speranza di guarigione. Polemiche anche sull’inammissibilità del cosiddetto referendum sulla cannabis. Anche qui il presidente della Consulta precisa: “Abbiamo dichiarato inammissibile il referendum sulle sostanze stupefacenti, non sulla cannabis. Il quesito è articolato in tre sottoquesiti ed il primo prevede che scompaia tra le attività penalmente punite la coltivazione delle sostanze stupefacenti di cui alle tabelle 1 e 3, che non includono neppure la cannabis ma includono il papavero, la coca, le cosiddette droghe pesanti. Già questo sarebbe sufficiente a farci violare obblighi internazionali”. Lascia invece perplessi la bocciatura del referendum sulla responsabilità diretta dei magistrati. Amato lo giustifica con argomentazioni giuridiche. Così posto il referendum diventava propositivo e non abrogativo, ha spiegato il presidente della Corte Costituzionale. “Qui stiamo parlando della responsabilità dei magistrati per i quali – ha aggiunto – la regola diversamente da altri funzionari pubblici era sempre stata della responsabilità indiretta”. In realtà rimane il fatto che tutte le categorie se sbagliano pagano. Ma non i magistrati. E di esempi ce ne sono a iosa. Basti pensare che nel 2020 lo Stato ha dovuto pagare 37 mini di risarcimenti a cittadini incarcerati ingiustamente. Ma li ha pagati lo Stato, non i giudici che avevano sbagliato sentenza.