(b.g.) Il ballottaggio? «Non ho mai giocato una gara pensando alla partita di ritorno, non lo farò neppure questa volta»; vabbè, ma chi gliel’ha fatto fare? «Da quindici anni ricevo richieste di impegnarmi nella vita pubblica: era arrivato il momento di farlo, lo sentivo io e lo sentiva la mia famiglia, voglio provare a richiamare tutti, non soltanto me stesso, alla riscoperta del servizio verso la propria comunità»; come guiderà la galassia delle tante aziende pubbliche (un patrimonio miliardario, migliaia di dipendenti, attive dalla produzione di energia al real estate all’organizzare fiere ed al far viaggiare aerei e treni.ndr)? «Non aspettatevi un uomo solo al comando, non è la mia natura. Il mio ruolo sarà quello di coinvolgere le migliori energie veronesi, quelle che oggi sono alla finestra»; e il rapporto con Venezia e la Regione? «Non conviene a Verona restare assente e silente così come non conviene alla Regione trascurare la porta veneta su aree importanti del Paese e dell’Europa nonchè la più popolosa città del Veneto. Bisogna fare entrambi un passo in direzione dell’altro».
Damiano Tommasi con un’intervista a L’Arena, al Corriere ed all’Adige inizia la sua campagna elettorale. Sa di essere “nel mirino” delle “due destre” e sa che sarà al centro delle prossime cronache politiche nazionali: il suo passato, il suo nome, il suo ruolo attuale di imprenditore entreranno ancor di più nelle case di tutt’Italia. Quello che riuscirà ad ottenere a Verona potrà cambiare gli equilibri nazionali: non una sfida da poco per un rookie della politica. A buon conto, guida una coalizione che ha ritrovato una inaspettata unità e che per la prima volta dopo tre elezioni perse malamente può giocarsela sino alla fine, puntando sulle divisioni del campo avversario. L’Adige incontra il candidato sindaco del centrosinistra in un bar di Piazza Isolo, teatro pochi giorni fa di una manifestazione della sinistra a tratti ruvida: non teme che le prossime giornate possano vedere un riacutizzarsi degli estremismi da entrambe le parti?
«Non me lo auguro e, però, nemmeno me lo aspetto. Alla fine questa è una elezione amministrativa e dobbiamo decidere del futuro della nostra comunità; delle cose concrete da fare; di iniziative da prendere e di progetti da realizzare per il bene di tutti i cittadini. Queste cose passeranno in secondo piano».
Dopo 15 anni di governo del centrodestra come vede Verona?
«La trovo abbastanza seduta su sé stessa, in attesa di una visione, di un progetto per il futuro che la rilanci come grande città europea. Siamo una città olimpica e non mi sembra sia stata ancora colta appieno tutta la valenza di questa opportunità. Gli impegni che questa comporterà, la necessità di adeguarci a standard più alti. C’è molto da fare, è evidente, e c’è bisogno che in tanti si impegnino concretamente e non soltanto che “uno” scenda in campo. Nessuno vince da solo, o realizza da solo opere più o meno grandi: credo sia arrivata l’ora di un “risveglio” della nostra comunità dove tutti debbono avere la consapevolezza che hanno un pezzo del percorso comune da compiere in prima persona».
I temi dei diritti civili saranno senz’altro un argomento della campagna elettorale: teme attacchi su questi argomenti che sono stati oggetto di grandi polemiche nel recente passato? Le ricordo che il Comune di Bologna ha avviato di sua iniziativa un percorso similare allo ius soli. Lei come intende procedere?
«Penso che il compito di un amministratore locale sia quello di far rispettare le leggi vigenti e, soprattutto, quello di permettere a tutti di muovere da una identica condizione di partenza, questo lo dico pensando in modo particolare ai giovani veronesi nati in altri Paesi o con un passaporto diverso nell’attesa di diventare cittadini italiani. Il rispetto di tutti è comunque è la base. E tutti debbono poter sentirsi a casa propria a Verona».
Che succede se non vincerà?
«Non me ne andrò. Resterò in politica, guiderò l’opposizione dai banchi di Palazzo Barbieri. La mia non è una scelta tanto per fare: il mio impegno è reale e continuerà in ogni caso».
Il giorno dopo il primo turno qualcuno le offrirà il suo appoggio: che farà?
«Ripeto, non ho mai fatto calcoli prima di giocarmi una partita. Intanto la gioco. Poi, eventualmente, penso alla prossima».
Come creerà la sua eventuale squadra di governo?
«Guardi, lo so che l’abitudine attuale è quella di far pesare i voti individuali. Il mio metodo sarà diverso: le persone giuste al posto giusto. Dobbiamo tornare a far valere le competenze se vogliamo puntare davvero a cambiare in meglio la nostra città».