(aggiornamento delle ore 18:50)
L’economia veronese fa i conti con la guerra in Ucraina. Qui il video del presidente della Camera di commercio, Giuseppe Riello. Sono 893 le imprese veronesi complessivamente coinvolte nell’interscambio commerciale con la Russia. Nei primi nove mesi del 2021 l’interscambio commerciale Verona-Russia è stato di 324,5 milioni. 832 imprese hanno esportato prodotti e servizi per 171,3 milioni di euro e 61 ne hanno importati per 153,2 euro. Sono invece 403 le imprese scaligere che hanno esportato in Ucraina per 45,6 milioni di euro nei primi mesi del 2021 e 53 imprese che hanno importato prodotti per 389,1 milioni di euro, principalmente prodotti siderurgici.
Quanto alle ricadute sul turismo, nel 2019 le presenze russe in tutta la provincia di Verona sono state 235.000 (11° mercato). Di queste, 139.000 nel solo Comune di Verona (3° mercato dopo Germania e Regno Unito). Sul lago erano invece 69.000 (14° mercato) e le altre 27.000 nel resto della provincia (8° mercato). Si tratta di turismo alto-spendente, più o meno suddiviso a metà tra strutture alberghiere ed extralberghiere. Nel 2020 sono state 40.000 le presenze in tutta la provincia, per il 2021 non sono ancora disponibili i dati suddivisi per Paese.
“La situazione per le nostre imprese è pesante, ma”, precisa Riello – vorrei ricordare che il danno economico che patiremo non è nulla di fronte alle sofferenze inferte alla popolazione ucraina dall’aggressione russa. Che si sia arrivati ad una tale escalation di violenza è umanamente inconcepibile. Quanto alla situazione economica il cambio negli ultimi due anni è salito dai 70 a 94 rubli per 1 euro. Se l’euro si apprezzasse ulteriormente, i nostri prodotti diverrebbero sempre meno competitivi e il rischio che i clienti scelgano di acquistare prodotti cinesi a prezzi più convenienti diverrebbe concreto. Si sta riproponendo la medesima situazione che subimmo nel 2013-2014 quando l’euro salì da 40 ai 70 rubli. Allora poi si entrò in una profonda crisi. Siamo in forte difficoltà anche per i costi di trasporto che sono raddoppiati nell’ultimo anno. Rimane poi l’incognita delle sanzioni sulle importazioni. La Russia non ha filiere produttive sviluppate e dipende dalle produzioni straniere, quindi le nostre esportazioni subirebbero pesanti ridimensionamenti. Il Veneto ha esportato in Russia 977,5 milioni di merci nei primi nove mesi del 2021, di cui 505,1 milioni in prodotti tecnologici, macchinari, apparecchi elettrici, macchine a impiego speciale e componentistica in metallo. Se le sanzioni cadessero su questa tipologia di prodotti”, conclude Riello, “sarebbe a rischio metà dell’export regionale in Russia. A livello veronese la situazione è simile: Verona esporta 68,3 milioni di macchinari e prodotti in metallo, il 40% del totale delle nostre esportazioni in Russia”.
Coldiretti stima la perdita di un miliardo di € nelle esportazioni agroalimentari italiani verso Russia e Ucraina già pesantemente colpite dall’embargo del 2014. Oltre 800 oggi a Mestre gli allevatori e agricoltori della Coldiretti provenienti da tutto il Veneto – più di 200 dalla provincia scaligera – che hanno manifestato con trattori e animali contro la guerra scatenata da Putin che affossa l’economia e il lavoro. Giovani, donne, allevatori e pescatori insieme ai rappresentanti delle istituzioni si sono alternati sul palco per sostenere un’azione condivisa a tutela del patrimonio agroalimentare e degli anelli deboli della filiera: produttori e consumatori.
“Oggi tanti agricoltori veneti sono intervenuti per denunciare un problema importante e trasversale che riguarda tutte le filiere: l’aumento dei costi di produzione ormai insostenibili per le nostre imprese ma senza un conseguente aumento dei prezzi dei nostri prodotti. Chiediamo che venga applicata la legge contro le pratiche sleali che permetta di dare una soglia del prezzo da pagare per coprire i costi di produzione. È inoltre necessario dare un aiuto alle filiere più in difficoltà attraverso i fondi del PNRR perché ne va della sopravvivenza delle aziende agricole anche scaligere”, precisa Alex Vantini, presidente di Coldiretti Verona.
Se le vendite in Russia hanno raggiunto lo scorso anno a livello nazionale 670 milioni di euro con un aumento del 14% rispetto al 2020, dovuto soprattutto a pasta, vino e spumante, quelle in Ucraina valgono altri 350 milioni di euro, secondo l’analisi Coldiretti su dati Istat.
Gli effetti del conflitto ucraino rischiano dunque di cancellare completamente il Made in Italy a tavola dai mercati di Mosca e Kiev – denuncia la Coldiretti – aggravando ulteriormente gli effetti dell’embargo deciso da Putin con il decreto n. 778 del 7 agosto 2014, e da allora sempre prorogato, come risposta alla sanzioni decise dall’Unione Europea, dagli Usa ed altri Paesi per l’annessione della Crimea. Un blocco che è già costato alle esportazioni agroalimentari tricolori 1,5 miliardi negli ultimi 7 anni e mezzo.
Il Decreto di embargo tuttora in vigore colpisce – sottolinea la Coldiretti – una importante lista di prodotti agroalimentari con il divieto all’ingresso di frutta e verdura, formaggi, carne e salumi, ma anche pesce, provenienti da Ue, Usa, Canada, Norvegia ed Australia. L’agroalimentare – spiega la Coldiretti – è, fino ad ora, l’unico settore colpito direttamente dall’embargo che ha portato al completo azzeramento delle esportazioni in Russia dei prodotti Made in Italy presenti nella lista nera, dal Parmigiano Reggiano al Grana Padano, dal prosciutto di Parma a quello San Daniele, ma anche verdura e frutta, tra cui le mele veronesi Granny Smith.
“Ancora una volta l’agricoltura rischia di pagare un conto salatissimo a causa delle tensioni internazionali – dichiara Andrea Lavagnoli, presidente provinciale di Cia – Agricoltori Italiani-, come già avvenuto con l’impennata delle materie prime negli ultimi mesi e con l’embargo imposto dall’Ue alla Russia nel 2014. A preoccupare sono le inevitabili ripercussioni al pacchetto duro di sanzioni che l’Ue si accinge a preparare. Tutte le volte che l’Europa, e con essa l’Italia, compie scelte di geopolitica che portano a perdere mercati di sbocco dei nostri prodotti, conquistati faticosamente negli anni, a pagare i costi è l’economia e in particolare l’agricoltura. Il risultato è che ci troviamo con mercati di esportazione bloccati, le cui conseguenze non sono solo nell’immediato, ma anche a lungo termine. Si pensi ad esempio alla scelta della Russia di produrre formaggi con le tecnologie e le ricette italiane, dopo l’embargo del 2014. Qualcuno pensa che riconquisteremo questi mercati? Bisogna agire con tutta la risolutezza necessaria e che si stabilisca un punto fermo: ogni scelta di politica internazionale che si traduca direttamente o indirettamente in danni per l’agricoltura italiana, deve comportare rimborsi agli agricoltori per la loro intera entità, anche in previsione dei condizionamenti futuri che portano stabili perdite alla nostra agricoltura. I nostri governanti devono comprendere che l’attività agricola non è come le altre attività economiche. Quando un’azienda chiude, chiude per sempre, polverizzando quel valore inestimabile che per noi veneti è il rapporto tra attività produttiva, natura, tradizione e territorio”.