(di Gianni Schicchi) Strano consorzio artistico, quello creatasi tra Giovanni Sollima e Mario Brunello, ambedue famosi violoncellisti, ma in grado di movimentare assieme numerosi interessi e soprattutto di esaurire un teatro, fatto oggi ancora più raro. Tutto questo è accaduto al Ristori, sabato sera, nella tappa veronese del loro nuovo tour per l’Italia che ha riscosso una quantità incredibile di consensi, sfociata al termine in una standing ovation coronata dall’applauso ritmato di tutto il pubblico, in parte scattato anche in piedi.
Il programma che coinvolgeva i due concertisti non era dei più semplici e scontati, specie per il fatto che Brunello si è presentato col violoncello piccolo, uno strumento cui, da anni, sta dando una sistematica diffusione (a metà strada tra la viola e il violoncello, con la stessa accordatura del violino, ma di una ottava più bassa), tanto da utilizzarlo sempre più spesso in ambito concertistico. Ne è scaturito un risultato globale senza dubbio singolare, sostanzialmente volto a creare una gamma di colori quanto mai varia perché le scelte combinate della serata spaziavano in un campo temporalmente molto esteso. Comprendevano infatti brani da: La Traviata verdiana, nella trascrizione del violinista Antonio Melchiori, la celeberrima Suite italienne di Stravinskij (revisionata da Piatigorski/Heifetz), con le Ciaccone di Bertali e Bach (dalla Partita n°2 per violino solo) e la curiosa Sonata per due violoncelli del romano Giovanni Battista Costanzi (arrangiata dallo stesso Sollima), fino alla conclusiva Boheminan Rhapsody di Queen del 1975, concessa come primo bis. La non comune abilità esecutiva dei due musicisti si è rivelata puntualmente, come pure la loro sensibilità nella resa dei movimenti lenti, che ha dato vita ad un approccio sempre brillante ed incisivo dal quale è emersa appieno la loro coesione ed unità di intenti, unite alla gioia e al divertimento provati nel suonare insieme. Brani intesi ad accordare poi l’intensità del canto con una nervosa mobilità di accento: due tendenze apparentemente opposte, dove una era più tesa a coglierne i valori lirici e le eredità romantiche, mentre l’altra ad esaltarne invece i tratti più modernamente abrasivi. Sollima e Brunello hanno voluto optare alla fine per una saggia via di mezzo, che senza sacrificare l’accorata espressività di molti passaggi non ha mancato di dedicare attenzione alle asprezze timbriche e alle violenze tensioni ritmiche. Dello strepitoso successo abbiamo già detto sopra, ma va segnalato come i due musicisti abbiano poi lasciate in bella vista le custodie dei rispettivi violoncelli, blu e giallo, per indicare la loro evidente solidarietà con i fatti ucraini.