Nelle commissioni congiunte Prima e Quinta il racconto del giornalista Fausto Biloslavo, collegato da Kiev, ha descritto una situazione disperata in Ucraina. Invitato dal presidente Andrea Bacciga l’inviato di guerra ha anche raccontato le necessità dei civili in fuga. Al tavolo di lavoro, che voleva proprio fare il punto della situazione qui a Verona per l’arrivo dei profughi, anche il direttore della Caritas veronese mons.Zampieri e dell’assessore ai servizi sociali Maellare. Bacciga, ringraziando il giornalista per il prezioso servizio che sta svolgendo, anche a rischio della vita, ha dato subito la parola a Biloslavo. «In questo momento mi trovo a Kiev, vicino alla torre della televisione danneggiata da un missile russo. Sono da diversi giorni nella capitale, che ho girato in lungo e in largo. La situazione è drammatica perché la colonna russa di oltre 60 km di mezzi di artiglieria, scesa dalla Bielorussia nelle ultime 48-72 ore, sta avanzando da Nordovest sulla periferia della città. Due giorni fa ero stato al fronte di Irpin’, dove c’è il famoso ponte che gli ucraini hanno fatto saltare per rallentare l’avanzata russa. Il ponte distrutto sta creando anche problemi ai cittadini in fuga da quelle aree, che sono costretti ad abbandonare l’auto per proseguire a piedi. Oltre il ponte i civili poi devono fare un tratto di strada fino al posto di blocco ucraino, dove ci sono gli autobus gialli che li portano alla stazione dei treni di Kiev. E proprio ieri posto di blocco è stato raggiunto da razzi o da colpi di mortaio e ci sono stati morti e feriti. Si parla soprattutto di donne e bambini perché gli uomini rimangono a combattere. Quando questa povera gente arriva in stazione si trova davanti a uno scenario da Seconda guerra mondiale: in migliaia cercano di salire nei pochissimi i treni, mentre le sirene suonano di continuo per l’allerta bombe – stamattina nella zona Ovest di Kiev, dove si è intensificato il conflitto, si sentivano distintamente i bombardamenti, da entrambe le parti, ogni 10-15 minuti –. In stazione ho personalmente assistito a scene drammatiche: un padre che spingeva dentro al treno una ragazzina che piangeva perché non voleva lasciarlo. Famiglie che si dovevano separare dai mariti, dai padri e dai nipoti.
Kiev è una città di tre milioni di abitanti che è stata trasformata in una sorta di trappola da guerriglia urbana e temo che diventerà una giungla di cemento armato se i russi entreranno: ogni 500 metri circa c’è un posto di blocco, da due giorni ci sono le mine ai bordi delle strade, che sono bloccate anche con autobus posizionati di traverso per rallentare l’avanzata nemica. Nei quartieri la gente comune combatte con i militari e i corpi speciali: i giovani, impreparati al conflitto, si sono organizzati con le molotov pensando di contrastare i russi, ma temo che verranno massacrati con questi mezzi inefficaci. La popolazione scappa disperatamente. La metropolitana è diventata un gigantesco rifugio sotterraneo che ospita anche 15mila persone. È sempre più difficile procurarsi il cibo nei pochissimi negozi rimasti aperti a orari limitati. Penso e spero che l’assedio lasci una via di fuga, ma più passa il tempo più sarà drammatico scappare senza mezzi di trasporto. Le ambasciate sono chiuse. L’ospedale centrale ha dovuto spostare i 300 pazienti che hanno bisogno di cure in rifugi.»
Biloslavo continua il suo racconto rispondendo alla domanda del presidente Bacciga sulla percezione della guerra da parte degli ucraini: «Assolutamente la popolazione non si aspettava un conflitto. Era convita che si sarebbe arrivati a una risoluzione nel Donbass. Le persone mi chiedono: “Ma quanto durerà?”. E io purtroppo vedo delle terribili similitudini con l’assedio di Sarajevo, che è durato tre anni, e spero che non sia così. Sono arrivato a Kiev una settimana prima dello scoppio della guerra: la capitale era una città vivace, con i ragazzi nei caffè e nei locali. L’Ucraina è un Paese europeo, che da un giorno all’altro è stato bombardato. Posso dirvi: aiutate gli ucraini. Sono nostri fratelli che fuggono disperati dalla guerra: se avete a disposizione una seconda casa o una taverna, offritela per ospitarli perché la quantità di profughi che arriverà sarà enorme. Si tratta di persone che non hanno intenzione di rimanere nel Paese che le accoglie, ma che vogliono poter tornare a casa loro, riprendersi la propria vita. La storia purtroppo si ripete: Budapest nel 1956, Praga nel 1968 e Kiev nel 2022.»