(di Bernardo Pasquali). Chissà cosa passava nella mente di quel bambino di dieci anni di Lushnje, mentre fuggiva dalla guerra civile verso l’ignoto. Di sicuro non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe stato testimone della sua storia con un grembiule bianco da chef. Saimir Xhaxhaj ha un cognome che è un timbro indelebile sulla sua storia. “La mia provenienza non ha contagiato molto la mia cucina perchè, dall’Albania, me ne sono andato quando ero piccolo a 10 anni ma, non posso negarlo, quel pezzetto di vita lo si ritrova in alcuni piatti, attraverso alcune sfumature; lavorazioni tipiche che riprendono antiche tradizioni delle periferie e della campagne della mia terra di origine”.
Una storia impregnata di Mediterraneo
La storia di Saimir è impregnata di Mediterraneo e della sua più profonda frammentazione di popoli e culture. La sua cucina, dicendola con un termine che oggi si sente spesso, è decisamente inclusiva. Un viaggio lungo una vita, interrotto da drammi, fratture, nuovi inizi, differenti culture, anime e persone cullate dall’acqua e dalla terra. Saimir, ha risalito l’Italia, dalle antiche terre arbëresh del cosentino, dove ha respirato i cinquecento anni del suo popolo fiero e accogliente. Da Firmo, in Calabria, si è spinto verso nord fino a raggiungere la luce della Toscana e la sua cucina di terra con influssi medievali mai sopiti. Infine l’approdo in terra scaligera come sous – chef di una importante struttura che puntava al rilancio.
Saimir è molto ambizioso.
E pensare che la scuola alberghiera la scelse forse, più come un refugium peccatorum, per non studiare troppo e fare qualcosa di manuale. Si sa, poi la vita gioca brutti scherzi e ti fa trovare la passione, là dove pensavi saresti stato inghiottito dal lento e inutile scorrere del tempo. Bisogna dare merito all’Istituto Alberghiero di Castrovillari e ai suoi insegnanti se sono riusciti ad instillare la scintilla della passione per la cucina. Da quell’esperienza è tutto un crescendo fino a quando a Verona non trova il suo mecenate Lorenzo Donadel che aveva visto in lui qualcosa di unico e speciale. Il patron de La Canonica inizia un sodalizio con Saimir che continua oggi con grande successo di critica e di pubblico; un successo che lo ha portato dritto dritto nella mitica rossa, la Guida Michelin.
La Canonica nasce come una cucina sostanzialmente di pesce ma Saimir, negli anni, dispiega in cucina tutto il suo eclettismo in un menu profondamente Mediterraneo; una sintesi gastronomica tra terra e acqua. Saimir si diverte a sorprendere il commensale con i suoi piatti da scoprire che hanno un nome ma non rivelano gli ingredienti. Gioca sulle emozioni dei suoi clienti e li scuote dal torpore della quotidianità accompagnandoli in un percorso che riattiva i sensi del gusto e dell’olfatto, la piacevolezza e l’armonia di un sospiro…mmmm che buono!
La mia è una cucina che cerca il coinvolgimento emotivo con il cliente
“Mi piace giocare con i miei commensali al tavolo. Mi piace farli divertire, regalare emozioni, farli star bene. Dopotutto la tavola è un rito che, tutto deve esprimere, ma non la noia e la stanchezza di un qualcosa di già visto”. Dopo circa un mese di pausa nel mese di febbraio, Saimir e tutto il suo giovane staff si presenta con tre menu degustazione: quello con i suoi piatti storici che raccontano il suo lungo viaggio attraverso il Mediterraneo; uno di cinque portate semplice da capire che ti immerge direttamente nella filosofia gastronomica; uno di dieci portate più sperimentale e intenso.
Non vi spoilero i nuovi ingredienti che troverete nel suo menu ma solo di un piatto vale la pena parlare, per capire quanto le esperienze di Saimir, abbiano condizionato la sua cucina. Se scegliete Firenze Sud, sappiate che vi troverete di fronte ad una specialità a cui Saimir non sapeva resistere quando viveva in Toscana: il lampredotto. Bottoni di pasta fresca ripieni di lampredotto, salsa verde e salsa piccante; viene servito con l’acqua di chiarificazione dello stesso lampredotto e guarnito con del rafano fresco e foglie di Mizuma, una foglia senapata.
Il piatto “ignorante”
La cucina di Saimir è, a tratti, semplice e intrigante. Il suo piatto forte lui lo definisce scherzosamente un “piatto ignorante”. E’ uno spaghettone mantecato con formaggio Grana Padano DOP con all’interno del pepe Sichuan, servito con una tartare di gamberi. “Come vedi non c’è niente di particolarmente elaborato, ma è buono, così buono che ho clienti che arrivano a volte solo per poter riprovare la piacevolezza del piatto”.
Luca Peretti, il binomio perfetto
Nel nuovo menu anche una parte dedicata al Menu a la Carte. Infine non possiamo a non dobbiamo dimenticare il beverage condotto con maestria e simbiosi con la cucina di Saimir. Luca Peretti, il maître sommelllier, è passione pura per tutto ciò che è fluido, non solo vino ma anche mixology, cocktail, birra e bevande tipiche della cultura giapponese, in primis il sake. Stupisce l’arte di Luca nella preparazione di bevande fermentate homemade: kombucha, fevire, tepache, rifermentati di frutta, miso, koji, natto, shoyu, aceti, garum.