E’ toccato alla dottoressa Francesca Russo, direttrice del Dipartimento di prevenzione della Regione Veneto, ricostruire le procedure di screening sanitario messe in atto per valutare l’impatto dei Pfas sulla salute dei cittadini residenti nelle zone contaminate. Il tema è stato affrontato nel corso del processo davanti alla corte d’Assise in cui sono imputati 15 manager di Miteni, Icig e Mitsubishi Corporation, accusati a vario titolo di avvelenamento delle acque, disastro ambientale innominato, gestione di rifiuti non autorizzata, inquinamento ambientale e reati fallimentari.
Tra luglio 2015 e aprile 2016, con il coordinamento dell’Istituto Superiore di Sanità, è stato condotto uno studio esplorativo di biomonitoraggio, per valutare le concentrazioni di PFAS nel sangue di un campione di persone residenti in alcune aree soggette all’inquinamento e confrontarle con quelle di un campione di controllo, non esposto a PFAS attraverso l’acqua potabile. In totale sono stati coinvolti più di 500 soggetti, di età compresa tra i 20 e i 50 anni, residenti in 14 Comuni della Regione Veneto: si tratta di sette comuni scelti tra quelli a maggiore esposizione lungo gli assi di diffusione del cosiddetto “plume” di inquinamento (Montecchio Maggiore, Brendola, Sarego, Lonigo, Altavilla, Creazzo, Sovizzo) e di sette comuni di controllo dislocati nella pianura Veneta (Dueville, Resana, Treviso, Carmignano di Brenta, Fontaniva, Loreggia, Mozzecane). Lo studio ha rilevato concentrazioni di PFOA significativamente più elevate nel sangue delle persone residenti nelle zone interessate dalla contaminazione rispetto al gruppo di controllo (fonte Ulss 8).
In aula sono state presentate le slide relative allo studio epidemiologico. Rispetto al resto della Regione Veneto, la popolazione della zona rossa ha dimostrato, tra il 2007 e il 2014, un eccesso di mortalità per cardiopatia ischemica pari a un +21% nei maschi e + 11% nelle femmine; un aumento di incidenza di malattie cerebrovascolari nei maschi +19%, aumento di incidenza del diabete mellito +25% nelle femmine, un aumento di incidenza di demenza +14% nelle femmine. Per quanto riguarda le malattie contratte i residenti esposti alla contaminazione da Pfas hanno dimostrato un’incidenza maggiore rispetto al resto della popolazione non esposta a Pfas nella Regione Veneto si sono registrate incidenze di ipertensione arteriosa (+22%nei maschi e + 20% nelle femmine), cardiopatia ischemica (+6% nei maschi e + 8 % nelle femmine), diabete mellito (+15% nei maschi e +17 nelle femmine), dislipidemia (+15% nei maschi e +12% nelle femmine) e malattie tiroidee (+17% nei maschi e +12% nelle femmine). Le mamme in area rossa hanno evidenziato, tra il 2003 e il 2015 un aumento di casi di pre -eclampsia pari a +49%, diabete gestazionale +69% e hanno avuto un aumento del 30% di bambini nati con basso peso alla nascita.
“Tutti i rilievi eseguiti dagli organismi regionali deputati al monitoraggio sanitario sono stati realizzati anche grazie alla collaborazione degli acquedotti che hanno fornito agli enti preposti i dati e gli elementi per rendere possibili gli studi – spiega il professor Angelo Merlin, avvocato che insieme ai colleghi Vittore d’Acquarone e Marco Tonellotto tutela le società idriche Acque del Chiampo, Viacqua, Acque Veronesi e Acquevenete costituitesi parti civili – non dimentichiamo che gli acquedotti dell’area rossa, area arancione e area gialla sono stati i primi a intervenire (con l’apposizione di costosissimi filtri) per porre rimedio all’inquinamento fin dal 2013, facendo investimenti economici importanti, la costituzione in parte civile ha proprio l’obiettivo di rifondere i cittadini degli sforzi profusi per mettere un freno all’inquinamento”.