“Avviamo al più presto un tavolo per produrre biometano in Veneto, anche in sostituzione del gas russo, che incide per il 38% dei consumi interni del totale di gas”. Arturo Lorenzoni, consigliere regionale del gruppo misto e docente di Economia dell’energia all’Università di Padova, ha presentato una specifica richiesta all’assessore regionale Roberto Marcato. “La transizione energetica e la sicurezza del sistema sono processi che vanno guidati con una visione lungimirante – precisa Lorenzoni – Altrimenti attendiamo, ma saremo sempre in balìa delle decisioni altrui”.
“Negli anni scorsi gli acquisti in Russia sono cresciuti poiché le forniture dal mondo arabo non venivano ritenute affidabili. Oggi, invece, tornare a comprare in Egitto, Libia e Qatar sembra il male minore. In ogni caso – analizza il docente – esistono delle valide alternative. E una fra queste è proprio il biometano. Già nel 2016 il Consorzio Italiano Biogas, CIB, pubblicò una stima dettagliata del potenziale di biometano, ottenuto dal biogas di varie matrici organiche, di oltre 8,5 miliardi di metri cubi all’anno; questi stessi numeri furono confermati dal Dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova in uno studio effettuato per conto della Regione Veneto. Molto più dei 3,5 miliardi di metri cubi che si potrebbero estrarre (solamente per alcuni anni) dai pozzi presenti nel mar Adriatico”.
“Il processo di decarbonizzazione – prosegue Lorenzoni – prevede la progressiva sostituzione del gas con le pompe di calore negli edifici, con l’elettrificazione dei trasporti e le fonti rinnovabili nella produzione elettrica; tuttavia, l’iter richiede tempo. Motivo per cui – continua – occorre attivare subito un programma di sviluppo del biometano, coinvolgendo il mondo agricolo, gli artigiani e gli industriali. Vorrei inoltre sottolineare che sostituire le importazioni di gas con lavoro e investimenti locali ha un senso da tutti i punti di vista: del reddito, della sicurezza, dell’ambiente. Si tratta di individuare le aree per le colture attraverso degli accordi specifici con il mondo agricolo, interessando pure le imprese del servizio idrico integrato per l’utilizzo dei reflui.
Vanno poi selezionati i siti congeniali alla realizzazione dei biodigestori (nella foto l’impianto scaligero di Cà del Bue di AgsmAim dove se ne produrrà dai fanghi e dalla Farsu); infine, il biometano ottenuto dev’essere inserito nella filiera del gas. Tutte attività che conosciamo – conclude Lorenzoni – ma che richiedono una regia regionale per essere integrate”.