Diversi studi hanno riportato che i pazienti oncologici hanno un maggior rischio di contrarre una forma severa di Covid-19 e una prognosi peggiore. Nel caso del tumore della mammella, tuttavia, i dati presenti in letteratura sono piuttosto contrastanti. In particolare, l’assetto ormonale delle donne affette da tumore della mammella (stato menopausale, terapie ormonali) è stato di volta in volta considerato un fattore di rischio o un fattore protettivo nei diversi studi e il ruolo della chemioterapia, come possibile fattore predisponente all’infezione, non è stato mai confermato in maniera definitiva.
Nuove e importanti informazioni su questi aspetti arrivano da un recente studio dell’università e dell’Aoui di Verona condotto in collaborazione con l’Istituto oncologico veneto e l’università di Padova e con il supporto del Registro Tumori della Regione Veneto. I risultati sono stati da poco pubblicati sulla prestigiosa rivista scientifica internazionale Annals of oncology fornisce.
Il lavoro è stato condotto su un campione di 199 pazienti affette da tumore della mammella, come parte di un gruppo più ampio di circa 1000 pazienti oncologici in trattamento attivo sottoposti a screening con tampone naso-faringeo per la ricerca di Sars-CoV-2 in epoca pre-vaccinale tra aprile 2020 e aprile 2021.
Dai risultati emerge che le pazienti in trattamento ormonale o che hanno recentemente terminato il trattamento, sono a maggior rischio di contrarre l’infezione da Sars-CoV-2, ma sviluppano forme lievi di malattia. Le pazienti in trattamento chemioterapico hanno mostrato, sorprendentemente, un rischio di infezione inferiore, sebbene siano risultate più frequentemente sintomatiche. Nessuna delle pazienti con tumore della mammella e infezione da Sars-Cov-2 ha comunque sviluppato una forma severa di Covid-19 e solo 6 pazienti sono andate incontro a ricovero ospedaliero.
“Questi risultati sono importanti – sottolineano Sara Zanelli e Elena Fiorio, autrici principali e coordinatrici della ricerca – da un lato perché possono tranquillizzare le nostre pazienti sui rischi di infezione, in particolare durante il trattamento chemioterapico, dall’altro perché rafforzano l’idea che le misure comportamentali (come distanziamento e mascherina) sono importanti ed efficaci nella prevenzione del contagio, in aggiunta alle procedure di vaccinazione e, eventualmente, profilassi con i nuovi farmaci antivirali”. I dati recentemente pubblicati sono stati l’oggetto del lavoro di tesi svolto da Sara Zanelli, dic recente specializzatasi in Oncologia Medica all’università di Verona.
“Da un punto di vista speculativo – sottolinea Michele Milella docente di Oncologia dell’università di Verona e direttore della unità operativa complessa di Oncologia dell’Aoui – questi dati suggeriscono come la strategia di screening possa influenzare in maniera decisiva il risultato di studi epidemiologici come quello presentato e riaprono la possibilità di approfondire il ruolo biologico dell’assetto ormonale nella suscettibilità all’infezione, per sviluppare strategie di prevenzione sempre più efficaci per le nostre pazienti“.
“Da rimarcare – concludono infine gli autori, il grande lavoro di squadra, sia all’interno dell’ateneo veronese che ha visto coinvolte le Sezioni di Oncologia, Malattie Infettive, Microbiologia e Biostatistica e dellaBreast Unit dell’Aoui, che nell’ambito della Rete oncologica veneta (Rov), che ha consentito di raggiungere questi risultati, resi possibili anche dai finanziamenti alla ricerca da parte di Cariverona e del Progetto europeo “Orchestra”. La ricerca in questo campo prosegue, naturalmente, cercando di acquisire dati più completi a livello regionale, contestualizzandoli all’attuale andamento epidemiologico, alla diffusione di nuove varianti virali ed alla diffusione della pratica vaccinale, che rimane di importanza fondamentale per proseguire in sicurezza i trattamenti oncologici nelle pazienti affette da tumore della mammella, evitando il più possibile l’interruzione delle cure”.