(di Stefano Tenedini) Benetton sceglie Caltagirone e la partita delle Generali si riapre. Edizione holding, secondo quanto riferito dall’agenzia Reuters, voterà la lista proposta dal costruttore romano all’assemblea di Generali di venerdì: ma non cerca lo scontro con Mediobanca e con l’AD uscente Donnet, anzi: una volta chiusa la partita assembleare vuole ritagliarsi un ruolo di pacificatore. Accanto alle partecipazioni strategiche in Atlantia, in Autogrill e in United Colors i Benetton considerano quello in Generali un investimento di carattere finanziario. Per questo condivide l’approccio imprenditoriale di sviluppo della redditività. Tra le righe ci sarebbe anche una critica al CdA uscente, che ha proposto una lista che sembra voler definire il futuro della compagnia “sorpassando” gli azionisti.
L’agenzia riferisce che “superato l’esito del voto assembleare, l’obiettivo di Edizione sarà quello di favorire il dialogo tra le parti, con l’auspicio di un ritorno al dialogo e nella consapevolezza che ulteriori conflitti danneggino l’immagine e il valore” del Leone. Una posizione di mediazione, quindi, terminata la conta dei voti. Arriva così nel finale l’ultimo colpo di scena, dopo mesi di contrasti se non di schiaffoni. Altro che salotto: l’attrito tra le cordate ha fatto emergere atteggiamenti bellicosi poco consoni al tradizionale aplomb di Generali. Nell’ottica veronese, sorprende come l’ultimo momento di apparente letizia nel branco del Leone sia stata proprio la positiva conclusione dell’Opa per acquisire Cattolica.
Ma ormai tocca ai numeri: i pacchetti più corposi di azioni si stanno muovendo in cerchi sempre più ravvicinati e tra un paio di giorni verrà deciso chi governerà la compagnia per i prossimi tre anni. I consensi – tra sicuri e indecisi – si coagulano intorno alle due ipotesi. Da una parte la lista proposta dal CdA uscente, che suggerisce di mantenere al comando il Group Ceo Philippe Donnet, ormai al terzo mandato. Sul fronte opposto Caltagirone, Del Vecchio e Fondazione CRT, più adesso i Benetton con un pacchetto di voti che contano (e pesano).
Analisti e agenzie stanno compilando le ipotesi sui due partiti. Anche se la maggior parte degli investitori istituzionali, i fondi e i gestori (un rotondo 30% del capitale) punterebbe a sostenere la maggioranza uscente. Si sono dichiarati in questo senso anche i norvegesi di Norges Bank Investment Management, Sba Florida, Union Investment, il fondo pensione della California Public Employees Retirement System, la tedesca Deka Investment e, in Italia, le triestine Fondazioni Casali. Mancano ancora alcuni big, ma è già un bel pacchetto.
La lista di Caltagirone per adesso può contare sui voti del 21% del capitale, sommando le quote del costruttore romano, della Delfin di Leonardo Del Vecchio e della Fondazione CRT. Ma potrebbe anche ottenere l’appoggio di numerosi imprenditori e famiglie del Nord Italia, soprattutto ora che la famiglia Benetton porterà in dote la propria quota del 3,96% per sostenere una strategia più attenta a fusioni e acquisizioni e a una maggiore presenza in Italia e all’estero. Il quasi 4% degli imprenditori di Ponzano Veneto, che pure da solo non è decisivo, potrebbe sicuramente aiutare a orientare i più dubbiosi.
Donnet sa di poter contare sul solido supporto di Mediobanca con il 17,2%, oltre che di De Agostini (1,4%) e dei numerosi istituzionali, arrivando a un analogo (e ipotetico) 21%. Forse si tratta di un riflesso condizionato: in passato sarebbe stato sicuramente così, una scelta di continuità, tradizione, abitudine, garanzia. Ma oggi la situazione è così fluida che forse venerdì potrebbe esserci una sorpresa.
Fondamentale per acquisire il controllo sarà la partecipazione (o l’astensione) in assemblea: si ipotizza che un’elevata affluenza potrebbe favorire la maggioranza uscente. E proprio l’entità del distacco sarà determinante: con il 4% dei Benetton il fronte dell’imprenditore romano supererebbe la quota del 25%, che permetterebbe alla lista di eleggere 4 consiglieri su 13 anche in caso di sconfitta. Gli sfidanti hanno proposto come presidente Claudio Costamagna e come Ceo Luciano Cirinnà, licenziato da Generali dopo aver annunciato la propria candidatura.
Con un occhio a Trieste, anche sul fronte creditizio ci sono novità per i risparmiatori e gli investitori veronesi. Si sta aprendo una gara inattesa: le polizze di bancassicurazione che fanno capo al Banco BPM stanno attirando un crescente interesse: dopo Crédit Agricole e Axa scendono in campo sia Generali che Allianz. Aumentano i contendenti che vorrebbero diventare partner assicurativo esclusivo di piazza Meda (a Milano) e piazza Nogara (a Verona). Recentemente L’Adige ha dato notizia delle candidature dei due big francesi, mentre in questi giorni si stanno valutando le ricadute di una decisione della banca riferite da Il Sole 24 Ore: il Banco BPM avrebbe aperto un “processo strutturato” per decidere chi sarà la controparte delle jv bancassicurative. E sono apparse le altre due compagnie.
La banca lombardo-veneta guidata da Giuseppe Castagna inizia così a definire l’identikit del futuro alleato. Un “concorso di bellezza”, come si dice nel gergo della finanza, al quale partecipano alcune tra le maggiori società della scena assicurativa italiano. Ma con una cautela fondamentale: mantenere la bussola sulla rotta tracciata dal piano strategico, che resta “l’internalizzazione del business assicurativo entro la fine del 2023”, nella cui scia si colloca anche l’esercizio dell’opzione per l’acquisto dell’81% di Bipiemme Vita dal partner Covéa, avvenuto nei giorni scorsi.
Va infine aggiunto che Fitch ha assegnato al Banco BPM nuovi rating moderatamente positivi con outlook stabile, “basati sull’analisi del profilo stand alone dell’istituto che fa leva sul radicamento nel Nord Italia, un mix di ricavi diversificato, moderato profilo di rischio, raccolta e liquidità stabili e capitalizzazione adeguata, oltre che sulla significativa riduzione negli ultimi anni dei crediti deteriorati, con sostanziale miglioramento della qualità degli attivi”.