Alla Conferenza Programmatica di Fratelli d’Italia in corso a Milano tra il 29 aprile e il 1° maggio, nell’ambito del workshop sulla crisi economica post pandemia ‘Per un nuovo patto di sviluppo’, moderato dall’on. Caiata è intervenuta Maria Cristina Sandrin, veronese, responsabile del Dipartimento Lavoro e crisi d’impresa del Veneto. Nel suo intervento, molto apprezzato, la Sandrin è partita rilevando un dato di fatto: «la pandemia ha messo in evidenza la disparità fra lavoro e impresa. Se per il lavoratore – ha spiegato – esiste tutta una serie di tutele, dalla cassa d’integrazione alla protezione sanitaria e altri sussidi, per l’impresa vale la regola del ‘si salvi chi può’, o ce la fai o chiudi.»
«Purtroppo -ha rilevato nel suo intervento l’esponente veneta di FdI- la cultura dominante è intrisa di un elemento, l’invidia sociale, che troppe volte influisce anche sulle scelte del legislatore. Scelte che si ripercuotono nella vita di tutti giorni degli imprenditori, abbandonati a sé stessi e vittime di una logica classista che presuppone che si tutelino da sé. Questo preconcetto – ha sottolineato Maria Cristina Sandrin- deriva dal fatto che l’invidia sociale legge le differenze come diseguaglianze.
Invece le prime sono nell’ordine delle cose, fanno parte sia della natura che delle dinamiche economiche, e sono necessarie allo sviluppo della società che può avvenire proprio per la differenza dei ruoli delle diverse componenti sociali che dipendono le une dalle altre.
Così tutte le leggi intrise di questa mentalità, sommate a tutti gli appesantimenti della burocrazia che anziché aiutare lo sviluppo lo frenano, vanno a rovinare i rapporti fra lavoratore e datore di lavoro, che invece dovrebbero essere concepiti come solidali e complementari per il bene di tutto il corpo sociale, come del resto è bel espresso in tutto il pensiero sociale della destra italiana.»