In Italia la burocrazia è velocissima nel chiedere i soldi ai cittadini, ma a pagare i debiti se la prende molto con calma. Lo stock dei debiti commerciali di parte corrente della Pubblica amministrazione (Pa) continua ad aumentare re. Secondo gli ultimi dati disponibili, quelli del 2021, ha toccato il record di 55,6 miliardi di euro.
E’ un’altra risultanza degli studi della Cgia di Mestre che rileva anche che questi 55,6 mld rapportati al Pil nazionale pesano per il 3,1%.
Nessun altro dei 27 stati dell’Ue ha uno score così negativo, e questo non solo rende la vita difficile alle nostre imprese, ma le rende anche meno competitive rispetto ai nostri concorrenti europei.
In Spagna il debito corrente pesa per lo 0,8%, in Olanda per l’1,2 %, in Francia per l’1,4 % e in Germania per l’1,6 %. Persino la Grecia presenta un’incidenza dei debiti commerciali sul Pil del’1,7%, quasi la metà della nostra.
A causa dei ritardati pagamenti da parte della Pubblica Amministrazione ci sono imprese che falliscono non per debiti, ma per crediti non riscossi. Portano i libri in tribunale avendo in pancia crediti con la PA riscuotendo i quali potrebbero tranquillamente continuare a produrre e a pagare gli stipendi. E’ in pratica un attentato alla nostra economia per il quale non paga mai nessuno. O meglio pagano le vittime dell’inefficienza del pubblico, ma mai i burocrati o lo stato.
Nel computo dei debiti commerciali non sono inclusi quelli in conto capitale (ovvero quelli riferiti ai ritardi o ai mancati pagamenti per investimenti), che, secondo una stima della Cgia, potrebbero aggirarsi attorno ai 10 miliardi. Sommandoli ai 55,6 di parte corrente porterebbe l’ammontare complessivo dei debiti commerciali della nostra PA a oltre 65 miliardi di euro.