(di Bulldog) Che la situazione sia tesa, non è un mistero per nessuno. Che ci attendano probabilmente giornate difficili, anche. Per questo non ha stupito che oggi – nella ricorrenza del 161.mo anniversario della nascita dell’esercito con l’abbandono della definizione “sardo” per “italiano” – tanto il Capo di Stato Maggiore dell’Esercito, generale CA Pietro Serino, che il Capo di Stato Maggiore della Difesa, ammiraglio Giuseppe Cavo Dragone, non abbiano mancato di sottolineare oltre al tanto che c’è, anche quello che manca per continuare a servire gli obblighi istituzionali al meglio. Oltre alla crisi ucraina, ci sono altri passaggi importanti in questi giorni: la costruzione di un modello unico di difesa europeo, con integrazione di uomini, mezzi, struttura industriale per dare all’Unione maggiore peso, ed il rientro negli obblighi di investimento deliberati in sede Nato sino al 2% del Pil. Una soglia che l’Italia non raggiunge da tempo.
Ma non è soltanto questione di quattrini (argomento peraltro che ha condizionato il lavoro degli ultimi vent’anni): l’Esercito ha necessità di preparare i suoi soldati, ma mancano gli spazi addestrativi e le risorse per farlo. Poligoni sempre più piccoli; tematiche ambientali – «Cui aderiamo come cittadini» ha sottolineato Serino – che limitano l’utilizzo dei mezzi e le prove a fuoco. E lo scenario attuale non permette di trasferire oltre confine uomini e mezzi per fare questo. Inoltre, sull’Esercito pesa il costo di avere all’estero, in missioni di peace keeping, ben 3mila soldati in 14 diversi Paesi più altri 6mila impiegati nell’operazione “strade sicure” in Patria. Alla fine, restano 8.850 militari in “prontezza operativa” in grado di venir schierati in pochissimo tempo. La coperta, insomma, potrebbe risultare corta.
Ma l’invasione dell’Ucraina racconta anche un altro stravolgimento per l’Esercito: la tattica sul terreno è completamente cambiata. La Russia si è mossa con artiglierie e carri armati come impone una dottrina oramai superata da un quotidiano che è fatto di cibernetica, di satelliti e presidio spaziale, di droni e missili ipersonici e dalla capacità di acquisire informazioni in tempo reale sul campo di battaglia. Così Davide sta battendo Golia. E questo vuol dire dover cambiare tanto nella preparazione, nella dotazione dei mezzi e nelle strategie da adottare.
Anche perché oggi c’è anche la necessità di rispondere ad un altro tipo di aggressione: dalle campagne di false informazioni sui social media, alle strategie di persuasione di una pubblica opinione sempre meno acculturata, al pressing lobbistico sui decisori politici. Non a caso Lorenzo Guerini, ministro della Difesa, ha sottolineato come ci sia bisogno “di ulteriori passi in avanti sulla connettività delle nostre forze, le capacità cibernetiche, lo sviluppo di sistemi autonomi in grado di gestire le moderne operazioni multi-dominio in sincronia con le altri componenti dello strumento militare“.
Uno scenario completamente nuovo che richiede alla pubblica opinione una maggiore consapevolezza. Sui rischi e sui costi della nostra libertà. Questo il richiamo dei militari appena “ingentilito” dalla carica dei Lancieri di Montebello a Tor di Quinto, dove si è tenuta la celebrazione ufficiale.