Che in Italia si fanno sempre meno figli si sa. Nel 2021 sono nati solo 399.431 bambini, – 1,3% sul 2020 e – 30% in 10 anni. L’età media al parto è di 32,4 anni. Il numero medio di figli per donna è 1,2. Le cause sono culturali ed economiche. Fra queste c’è un problema lavoro e del mancato sostegno pubblico. Molte per avere un figlio devono smettere di lavorare. Non a caso il 42,6% delle donne con figli tra i 25 e i 54 non lavora (dati Save the Children). Il 62,6% nel Sud, il 35,8% al Centro e il 29,8% al Nord. Oppure se lavora lo fa col, part-time (il 39,2%). Inutile specificare che il tutto si traduce in un danno economico per la famiglia che vede diminuire le entrate. Nel 2020 30mila le donne con figli hanno lasciato il lavoro perché i servizi di supporto sono pochi o troppo cari, come gli asili nido. Nel periodo 2019-2020 solo il 14,7% del totale dei bambini 0-2 anni ha avuto accesso agli asili.
Il reddito mensile lordo medio stimato per i ragazzi nell’anno del diploma ammontava a 557 euro, mentre per le ragazze a 415. Nell’anno successivo, in cui i lavori cominciano ad essere più stabili, sale a 921 euro per gli uomini, mentre per le donne è di soli 716 euro. Quindi incide nella scelta di avere un figlio anche lo svantaggio retributivo.
Fra i provvedimenti che si possono adottare per favorire le nascite quelli che incentivano il ruolo del padre nella cura del figlio, come il congedo di paternità, il Family Act o la legge sulla parità salariale, il sostegno al reddito, le politiche fiscali, i servizi, la scuola. Le regioni del Nord, come si evince dai dati sopra riportati sull’abbandono del lavoro, sono quelle più mother friendly. Le province autonome di Bolzano, guarda caso l’unica ad aver invertito la tendenza della natalità, e Trento sono quelle con più attenzione alle madri. Seguono l’Emilia-Romagna, il Friuli-Venezia Giulia, la Lombardia, la Toscana e la Valle d’Aosta. Al Sud andiamo male.