(di Paolo Danieli) Chi più chi meno, tutti abbiamo avuto bisogno del Pronto Soccorso. E ci siamo resi tutto conto che è un punto critico del Servizio Sanitario Nazionale. I Pronto Soccorso sono sempre intasati. E non solo perché mancano medici e infermieri, ma anche perché tanti vi arrivano per problemi che potrebbero essere risolti dalla medicina territoriale. Il Pronto Soccorso diventa allora una sorta di imbuto dove si concentra la richiesta di prestazioni proprie di questo servizio, ma anche improprie. I famosi codici bianchi e verdi, corrispondenti a eventi che non rivestono il carattere dell’urgenza. Ciò non toglie che incida pesantemente la scarsità di risorse destinate alla Sanità avvenuta negli ultimi decenni. Responsabili tutti i governi e tutti i partiti.
Nel 2007 c’erano 259.476 posti letto contro i 190 mila del 2019: -70 mila pl. il 27% in meno. Un calo in tutti i comparti: degenza ordinaria, day hospital e day surgery. Nel 2000 ce n’erano 272 mila, 80 mila in più rispetto al 2019. Nel 2007 il SSN aveva 650 mila dipendenti: il 69,7% personale sanitario, il 18,3% tecnico, l’11,7% amministrativo.C’erano 106mila medici e 264mila infermieri. Diminuendo le risorse e i laureati in Medicina sono diminuiti di 4.500 i medici e di 7.700 gli infermieri rispetto al 2007.
Nel 2007 c’erano 1.197 ospedali. Nel 2019, 992. Nel 2000 erano 1.321. 300 ospedali in meno in quasi 20 anni. C’è da dire che molti di quelli chiusi non erano nemmeno all’altezza di essere chiamati ospedali e che si è giustamente privilegiata la qualità sulla quantità. La logica dell’ospedale per ogni campanile era dannosa alla salute dei cittadini. Tuttavia la diminuzione delle risorse destinate alla sanità è stato un colpevole errore che stiamo pagando a caro prezzo. Il Covid, fra tutti gli altri mali che ci ha portato, almeno ha evidenziato una cosa: i soldi destinati alla sanità non sono un costo, ma un investimento.