(di Stefano Tenedini) Sono state la creatività e la lungimiranza, la forza di immaginare e realizzare il futuro a rendere grande Verona. Ma queste caratteristiche sembrano essersi perse, insieme a molte opportunità che sono passate come treni senza fermarsi. Per ripartire bisogna ritrovare lo spirito del passato, guardare avanti, imboccare strade nuove: e l’occasione è affidare la città a una nuova maggioranza dai tratti inediti. Lo ha sottolineato il presidente di Azione Matteo Richetti, ieri a Verona per sostenere il candidato sindaco Damiano Tommasi e la sua coalizione, della quale il partito fondato da Calo Calenda fa parte nonostante alcuni mal di pancia e le reciproche stoccate anche recenti con i Cinque Stelle.
“Verona dovrebbe guardare con interesse ad alcuni dei temi sostenuti da Azione, come il progetto Next Generation e i piani per la transizione energetica e l’innovazione”, spiega Richetti. “Dall’azione di governo di Draghi poi potrebbe prendere ispirazione per iniziative a favore della concorrenza e della competitività per crescere. Ma dovrebbe prima di tutto ritrovare il proprio slancio, anche perché oggi sembra estranea al processo di trasformazione in atto: innovazione vuole dire anche cambiare nel concreto, ripensare lo sviluppo, investire sulle energie rinnovabili e sulle competenze. E, aggiungo, evitare la tentazione di dire di no a tutto, tipica di alcune forze politiche. Verona trasmette l’immagine di un territorio ricco e di una straordinaria operosità, ma che deve ritrovare le condizioni e costruire un contesto che la valorizzi”.
Ma “dire di no a tutto” è l’atteggiamento tipico del M5S, da Roma alle periferie: non stride col sostenere lo stesso candidato? “Comprendo l’obiezione: non era meglio andare da soli invece che in coalizione con un movimento di cui non condividiamo visione e le scelte? Ma difendo la decisione di correre a supporto di Damiano Tommasi”, ribadisce Richetti. “Non solo perché il M5S a Verona ha perso, oltre a molta forza, anche la spinta populista degli inizi, ma soprattutto perché dare speranze al cambiamento significa dare credito e fiducia a chi aderisce alla nostra visione. Comunque il candidato sindaco ha dimostrato di essere in grado di gestire le difficoltà e di operare per un successo comune. Mi piace Tommasi quando dice che “dobbiamo pensare a governare perché così vinceremo, mentre se pensiamo solo a vincere non sapremo governare”.
Il segretario provinciale di Azione Marco Wallner riprende il tema delle sfide che attendono Verona. “Un tempo ci confrontavamo con l’estero e con le maggiori città italiane, ma abbiamo commesso l’errore di crederci in grado di fare da soli”, spiega: “per questo abbiamo perso banche, assicurazioni, aeroporto e multinazionali. Abbiamo accettato passivamente il declino, Verona rimane importante ma sta perdendo dei pezzi. Produce ricchezza ma non sa sfruttare le possibilità e quindi anche i finanziamenti vanno altrove. La consapevolezza da ritrovare è quella del nostro valore per costruire un nuovo sviluppo”.
“Azione ha un progetto per tutto il Veneto, ma la politica deve adattarsi ai contesti locali”, spiega il segretario regionale Marco Garbin. “Il territorio è molto diversificato, anche se ci sono numerosi temi che accomunano Verona agli altri capoluoghi: ad esempio la sanità, che è un’eccellenza ma non può vivere di rendita, oppure l’impresa che ha saputo innovare ma deve rimanere competitiva. E anche l’istruzione e la formazione, visto che l’economia richiede nuove competenze e i nostri giovani vanno a lavorare altrove in Italia e all’estero. In questo contesto noi ci muoviamo per portare idee e soluzioni: soprattutto perché oggi il Veneto, pur essendo un territorio di grandi potenzialità, non sa esprimere una politica della concretezza”.
Un territorio che ha assoluta necessità anche di servizi efficaci e concreti nel sociale: ne ha parlato Anna Ferrari, responsabile veneta delle politiche sociali di Azione. “La prima emergenza da affrontare è il disagio psicologico seguito alla pandemia, che colpisce soprattutto gli adolescenti: fatica nello studio, disturbi dell’apprendimento, difficoltà di diplomarsi e come conseguenza di tutto questo l’impossibilità di trovare un lavoro sul quale costruire il proprio futuro”, è il drammatico scenario. “Servono servizi apposta: vanno responsabilizzati, devono poter sperimentare, crescere, mettersi in gioco. Ma le amministrazioni locali danno risposte isolate e inadeguate perché manca una regia: la politica, e prima di tutto i sindaci, devono prestare più attenzione ai giovani, così come alla questione femminile fatta di grandi distanze da colmare nel lavoro e nel privato. Un problema che devono riconoscere e affrontare prima di tutto le donne stesse”.
Delle scelte della politica anche fuori dalla campagna elettorale locale ha poi parlato Stefano Allievi, docente di Sociologia all’Università di Padova. Nel valutare come potremmo ripartire dopo il Covid si è interrogato su cinque temi chiave che possono sia accelerare che ostacolare la crescita: demografia, immigrazione, emigrazione, istruzione e lavoro. In Veneto ad esempio abbiamo più morti che nati e più emigrati che immigrati. Basterebbe questo per dimostrare che la politica deve dare risposte concrete agli altri quattro temi: se non sappiamo gestire i flussi in entrata (abbiamo bisogno di forza lavoro qualificata) e in uscita (i nostri giovani se ne vanno), se la formazione è inadeguata ai lavori di oggi e del futuro, non potremo migliorare né nel breve né nel lungo periodo. A volersi cercare, i segnali di questa incapacità di prevedere le mosse giuste (e di farle) sono visibili da anni. Ma il passo successivo, decidere e implementare le soluzioni, non spetta né ai cittadini né agli studiosi, ma ai politici e agli amministratori.