(di Alessandro Rigoli*) Perché il referendum sia valido deve essere raggiunto il quorum di validità e cioè deve partecipare alla votazione la maggioranza degli aventi diritto al voto. Perché la norma oggetto del referendum stesso sia abrogata deve essere raggiunta la maggioranza dei voti validamente espressi. Chi è d’accordo con i quesiti proposti, e quindi è favore dell’abrogazione delle norme, deve votare ‘SI’’; mentre chi è contrario all’abrogazione deve votare ‘No’. Affinché il referendum possa essere considerato valido bisogna raggiungere il quorum del 50%+1 degli aventi diritto (questo vale per ogni quesito) per cui è importante un’ampia partecipazione al voto.
LE RAGIONI DEL SI’ QUESITO PER QUESITO
Ferma restando la legittimità dello sciopero indetto dalla magistratura pochi giorni orsono contro la riforma Cartabia (peraltro risoltosi in un sostanziale flop) bisogna rammentare che la riforma dell’ordinamento giudiziario è solo di competenza del Parlamento e direttamente dei cittadini appunto attraverso l’istituto del referendum, in questo caso abrogativo. Esaminiamo pertanto i 5 quesiti in vista del 12 giugno.
1 – INCANDIDABILITA’, INELEGGIBILITA’ E DECADENZA (LEGGE SEVERINO)
I primi due referendum non riguardano l’ordinamento giudiziario, e sono quelli per la abrogazione della legge Severino e sulla custodia cautelare. Si tratta di referendum che sono figli della presunzione di innocenza il cui tradimento ha già portato alla recente approvazione del relativo decreto legislativo: una legge (appunto quella sulla presunzione di innocenza) che, sebbene di attuazione di una direttiva europea, è stata mal digerita (non si capisce bene perché, anzi forse lo si capisce) da alcuni settori della magistratura. Sono referendum figli altresì di ingiuste carcerazioni ed errori giudiziari conclamati e incredibilmente dannosi. E’ necessario pertanto dare più tutele per Sindaci ed Amministratori. Basti citare, tra i tantissimi, da ultimo il caso Iorio, il cui arresto 10 anni fa determinò la caduta della giunta regionale del Molise, ma che poi si risolse come ben sappiamo…(assolto da tutte le accuse!). Casi come questo, tutt’altro che infrequenti, infliggono una lesione alla comunità politica che è più grave del male che la legge Severino si ripromette di arginare. Questo non vuol dire che non debbano esserci sistemi di interdizione all’accesso alla vita pubblica. Già adesso sono previsti casi di interdizione conseguenti alla condanna ed altri se ne potranno pensare. Ma il concetto è che un sistema giudiziario penale tutto sbilanciato sulla sua fase iniziale, quella dell’accusa, non può avere conseguenze così automatiche come oggi prevede la legge Severino.
2 – LIMITAZIONI ALLA CUSTODIA CAUTELARE
Per una giustizia giusta ed un equo processo per tutti. Fa un po’ impressione leggere, anche da parte di persone di sicuro buon senso, commenti apocalittici su come sarà il mondo senza la carcerazione preventiva di chi non è accusato di reati violenti. Un mondo dove colletti bianchi (che immaginiamo con canini pronunciati e orecchie a punta) si fanno beffe dei processi e continuano bellamente a commettere i loro reati contro la pubblica amministrazione, forti della impossibilità di mandarli in carcere (oltre che per il pericolo di fuga o di inquinamento delle prove) anche per il pericolo di reiterazione del reato. È chiaro che questa visione apocalittica tradisce un’idea del carcere come unico rimedio al reato. È chiaro che questa visione concepisce gli arresti domiciliari come qualcosa di inesistente, in quanto non ritenuto sufficientemente afflittivo sul piano umano e pedagogico dal punto di vista mediatico. Sono visioni che la ministra Cartabia ha cercato di superare con il progetto di riforma penale, nei cui confronti si possono avanzare mille riserve, ma al quale non si può disconoscere il positivo intento di uscire dalla logica “carcero-centrica” in cui il nostro sistema penale da trent’anni oramai si sta avvitando.
3 – SEPARAZIONE DELLE FUNZIONI DEI MAGISTRATI
Bisogna dire stop alle porte girevoli per ruoli e funzioni. Il referendum ha un sicuro ed importantissimo valore propedeutico verso la più impegnativa separazione delle carriere, la quale richiede con ogni probabilità una riforma costituzionale che sdoppi il CSM per pubblici ministeri e giudici: l’unico modo per avere una effettiva scissione tra queste due parti processuali.
4 – EQUA VALUTAZIONE DEI MAGISTRATI
I magistrati non possono essere controllati solo da altri magistrati. Si tratta di mutare completamente il metodo valutativo dei magistrati che, come sappiamo, attualmente vede pressoché tutti in una posizione di parità tenuto conto che il CSM procede alla valutazione con i pareri espressi dai Consigli Giudiziari, nei quali votano solo i magistrati e quindi si ha una sovrapposizione tra controllori e controllati, causa evidente di difese corporative. Allora occorre andare verso una reale valutazione, come solo può scaturire dall’intera comunità giudiziaria (Avvocatura ed Università) di cui gli avvocati sono la parte sicuramente immune al virus correntizio e soprattutto ha un confronto quotidiano con la professionalità e competenza del magistrato.
5 – ELEZIONE DEL CONSIGLIO SUPERIORE DELLA MAGISTRATURA
“Stop” allo strapotere delle correnti. Il quesito è volto a superare il limite minimo di firme di presentazione da raccogliere per un magistrato per la candidatura al CSM e l’obiettivo che il referendum persegue è quello di svuotare il potere correntizio che permea tale elezione. La recente riforma Cartabia non riesce a superare quel meccanismo che portò, per esempio, a un clamoroso quattro pubblici ministeri candidati per quattro correnti nell’ultimo CSM! L’insufficienza della riforma non toglie che essa vada difesa, perché comunque è già qualcosa. Ma con essa vanno difesi i referendum.
In conclusione, i quesiti referendari vanno sostenuti e difesi perché sono un passo importante verso l’effettivo cambiamento di cui abbiamo bisogno.
(* già Presidente dell’Ordine degli Avvocati di Verona)