La Corte di Appello di Venezia ha dichiarato nulla la promessa di pagamento a Verona Pulita  di Edi Maria Neri, all’epoca assessore alla Legalità dell’Amministrazione Sboarina. E ha condannato Verona Pulita a rifonderle le spese legali , 5.439,00 euro e altri 4.752,50, di cui 3.800,00 per compensi, € 382,50 per esborsi ed il resto per rimborso forfettario. La Corte di Appello ha ribaltato la pronuncia del Tribunale di Verona, che condannava Edi Maria Neri a versare a Verona Pulita il 20% dell’indennità netta mensile di assessore dall’aprile 2018 al novembre 2020. 

La sentenza crea un precedente importante, in quanto «Non sembra si possa validamente sostenere un nesso di corrispettività tra indicazione del movimento in vista della nomina assessorile e impegno ad effettuare i versamenti: non solo perché tale nesso dovrebbe emergere dal contenuto della promessa unilaterale (che in tale prospettiva si configurerebbe come parte di un’operazione negoziale bilaterale più complessa), ma anche perché si porrebbe un evidente questione in ordine alla liceità di un simile patto, con il quale si verrebbe ad introdurre inammissibilmente una logica economica di scambio nell’ambito di scelte politiche e di governo della cosa pubblica». 

«Finalmente, con una pronuncia scritta pregevolmente in punta di diritto, si è fatta chiarezza sulla natura della promessa di pagamento che alcuni soci di Verona Pulita avevano dovuto sottoscrivere, su richiesta del presidente Michele Croce, nel settembre 2017, una volta investiti dei loro rispettivi incarichi. » ha dichiarato Eri Maria Neri dopo aver appreso della sentenza. E spiega che all’epoca dei fatti « aveva ritenuto di adempiere al versamento di una somma, che, peraltro, ho sempre considerato esagerata nel suo quantum (il 20% era stato imposto da Croce), fino a quando ho ritenuto di far parte del movimento per ideali condivisi e in primis di legalità e trasparenza. Faccio presente che sono stata iscritta a Verona Pulita solo nell’anno 2017, quando ho contribuito alla campagna elettorale del movimento sebbene non volli candidarmi per il consiglio comunale. A partire dall’inizio del 2018 la condivisione è cessata e le incomprensioni si sono fatte sempre più evidenti. E a partire dall’aprile del 2018 ho ritenuto di non voler più versare la percentuale della mia indennità di assessore, non riconoscendomi nello spirito e nella gestione dell’associazione e non avendo più rapporti di alcuna natura con il movimento medesimo e con il suo presidente»