In occasione della rielezione, avvenuta qualche settimana fa, della veronese Chiara Donadelli a presidente della sezione veronese della Fidas, la Federazione Italiana della Associazioni di Donatori di Sangue erano emerse le difficoltà che si frappongono fra la decisone di donare e la donazione. Molti vorrebbero farlo, ma poi per un motivo o per l’altro non lo fanno. Adesso lo rileva anche l’altra grande organizzazione dei donatori di sangue, l’Avis del Veneto, pure impegnata nel sta sensibilizzare la gente sull’importanza di donare il sangue per averne sempre a disposizione la quantità necessaria per far fronte alle emergenze. Emergenze che possono capitare a chiunque.
La mancanza di medici è stata individuata dalla presidente Avis Veneto Vanda Pradal come una delle concause della diminuzione delle donazioni in quanto influisce sulla decisione dei cittadini di donare il sangue.
“Non è concepibile – osserva Vanda Pradal- che ci si trovi con donatori idonei pronti a donare, ma che non possono essere prelevati per carenza di medici e per problemi organizzativi e gestionali. Abbiamo cercato più volte di avere un dialogo costruttivo con le strutture regionali e con i politici regionali. Siamo stati ascoltati, abbiamo portato proposte ma, purtroppo, di fatti nel 2021 ne abbiamo visti pochi”. Nonostante le difficoltà dovute alla pandemia nel 2021 Avis e Abvs hanno fornito 176.078 sacche di sangue e 30.589 di plasma, per un totale di 206.667. Nel 2020 le sacche erano state 199.347. Un risultato di grande valore se si pensa che, difficoltà a parte, sono state cedute alla regione Sardegna e Lazio, 5.112 unità di sangue. Per favorire le donazioni bisognerebbe che le organizzazioni di donatori come l’Avis non fossero considerate solo delle fornitrici di sangue, ma dovrebbero partecipare anche alla programmazione che secondo l’Avis veneta potrebbe consistere ne dialogo con la regione soprattutto per il reperimento del personale sanitario. “L’Avis – ha osservato la presidente regionale- ha un ruolo importante e non può essere considerata solo una fornitrice, ma va inclusa nei processi decisionali e di programmazione del nostro sistema sanitario”.