Quando ieri sera, uscendo dal Senato dopo aver capito su 315 senatori solo 92 gli avrebbero dato la fiducia, Draghi era sorridente. Lo hanno visto tutti. Mica era adombrato. Tantomeno rattristato. Sembrava sollevato da un problema. Oggi nel discorso d’addio alla Camera ha dato la stessa impressione. Draghi non è stato sfiduciato: si è fatto sfiduciare. Non s’è voluto far rosolare al fuoco lento della crisi e delle inevitabili proteste che scoppieranno in autunno.
Ce lo conferma anche Ciro Maschio che era presente dai banchi di Fratelli d’Italia.
«L’impressione è che Draghi stesso abbia voluto andarsene. L’intervento di ieri durissimo contro alcuni partiti del suo Governo, sembrava fatto non per ricucire ma per rompere, e lasciare così la patata bollente dell’autunno caldo a qualcun altro».
In realtà se ne sarebbe dovuto andare anche prima. Quand’era saltata l’operazione per portarlo al Quirinale, prospettiva che si era posto fin da quando, un anno prima, aveva accettato di presiedere il governo di unità nazionale. Già allora Mattarella avrebbe dovuto indire nuove elezioni. Anzi, avrebbe dovuto sciogliere le Camere ancora prima, dopo la caduta del governo Conte 2. E ancora prima, dopo la caduta del Conte 1. Ma il Presidente aveva preferito tergiversare. Non voleva prendere atto che il Parlamento non era più rappresentativo del paese reale.
Maschio ce lo conferma: «il problema non era Draghi, ma un Parlamento ormai delegittimato e lontano dal Paese reale».
E adesso?
«Ora – precisa il deputato veronese coordinatore di FdI- è importante mantenere la calma e non farsi prendere dal panico che qualcuno sta alimentando. Si è votato in mezzo mondo, in piena crisi e pandemia, si può votare anche in Italia.
E il centrodestra unito sembra essere la soluzione più probabile per dare all’Italia un Governo stabile e coeso, con un programma condiviso, su economia, tasse, immigrazione, energia, crescita, senza le contraddizioni dei Governi passati, per portare l’Italia fuori dall’emergenza e dare stabilità per i prossimi 5 anni».
E non manca di fare un affondo sulla sconfitta del centrodestra a Verona. Come nel suo stile, Maschio non usa la clava, bensì il fioretto. Ma il messaggio arriva dritto dritto lo stesso a chi vuol capire, quando conclude che il centrodestra lui l’avrebbe voluto unito «anche in Veneto. E’ noto che a Verona io – a differenza di qualcun altro – come Coordinatore di Fratelli d’Italia ero tra quelli che volevano il centrodestra unito… Adesso con le elezioni politiche c’è l’occasione di ritornare alla normalità e lavorare guardando al futuro». Ogni riferimento alla disastrosa vicenda delle elezioni comunali di Verona è puramente voluta.