“O noi o Meloni”. Ecco la suprema sintesi politica di Enrico Letta, capo del Pd. Se non fosse che tutti sanno che è ricco e si può quindi escludere che sia stato ingaggiato dalla leader dei Fratelli d’Italia per farle questo assist da un milione di voti, si potrebbe pensare che si sia innamorato di lei o, molto più semplicemente, che abbia fatto un clamoroso errore. Già, perché ponendo questa alternativa, implicitamente rinuncia ad una delle battaglie che più hanno fruttato al Pd in termini di voti: l’anti-berlusconismo. 

Dicendo “o noi o Meloni”dichiara che il problema non è più Berlusconi, con tutti gli annessi e connessi, ma la giovane presidente di FdI, contro cui si può dire ben poco. Anzi, già con il fatto che sia una donna, risulta spuntata un’altra arma dell’arsenale propagandistico della sinistra, quella delle quote rosa. Ma come? La sinistra continua a romperci le palle con la storia che in politica le donne sono tagliate fuori e poi ai vertici del Pd ci sono tutti maschietti, mentre a capo della becera destra c’è una donna. Allora, penserà l’elettore medio, vuol dire che non ce la raccontano giusta. Quindi voto Meloni.

E poi, vuoi mettere che piacerone ha fatto alla Giorgia, nel momento in cui nel centrodestra si sta discutendo sulla leadership? Con l’uscita di Letta la questione è bella che risolta. La leadership le viene riconosciuta nientemeno che dal capo del centrosinistra. Più di così?

Salvini e Berlusconi si mettano pure il cuore in pace. Senza aspettare il responso delle urne è Letta che ha deciso la leadership del centrodestra. D’altra parte fa parte ormai della cultura della sinistra decidere capi, leader e premier senza aspettare le elezioni. Non hanno fatto così anche con Monti, Renzi, Letta, Gentiloni e Conte?