(di Bulldog) Se il “patriottismo è l’ultimo rifugio delle canaglie” – nell’accezione del creatore di questo aforisma, il letterato e politico inglese Samuel Johnson – fascismo e berlusconismo sono il rifugio preferito di una sinistra in debito di ossigeno, spaventata dal possibile risultato delle elezioni del 25 settembre, che da diversi giorni a questa parte ha avviato la più classica delle campagne elettorali: la “barriera democratica” per fermare la nuova marcia su Roma e per ridare al caimano la patente di golpista.
Non una parola – non dico di autocritica, ma di bilancio questo sì – sui tanti anni di governo del centrosinistra in questo Paese e sui risultati che ha portato per le classi più deboli del Paese che oggi – sarà un caso – sono più povere del 2011 quando a novembre Silvio Berlusconi si dimise per lasciar spazio al governo di Mario Monti. Da allora, escluso soltanto dal giugno 2018 al settembre 2019, il PD e gli altri partiti che ne sono corollario sono sempre stati nelle stanze dei bottoni dei palazzi romani.
Ci attenderemmo un’analisi su quanto fatto e invece abbiamo avuto nell’ordine: i commenti su un pezzo estrapolato di un discorso di Giorgia Meloni a Marbella (qui il nostro articolo al riguardo) e gli alti strali per l’intervista rilasciata ieri da un Berlusconi molto affaticato a Radio Capital dove zio Silvio non ha chiesto l’impeachment di Sergio Mattarella, non gli ha dato un preavviso di sfratto, non ha detto “arrivo io e lui va fuori dai coglioni”, non ha imposto un’agenda: ha detto soltanto, rispondendo ad una domanda, che nel caso venisse fatta una riforma costituzionale, nel senso di una svolta presidenzialista, con l’elezione diretta del Capo dello Stato da parte del popolo sovrano, e se questa riforma andasse in porto, allora in quel momento si porrebbe il problema di come armonizzare la prima carica dello Stato col nuovo dettato costituzionale. E quindi sì, soltanto in quel caso, Matterella dovrebbe – secondo zio Silvio che non è un docente di diritto costituzionale – dimettersi per consentire l’elezione diretta del suo successore che, dice Berlusconi, potrebbe però anche essere lo stesso Presidente uscente se interessato alla carica.
E’ talmente devastante come dichiarazione che l’intervistatore non ha posto altre domande sul tema passando ad un nuovo argomento. Di devastante infatti non c’è nulla: non c’è la riforma presidenziale; non c’è un nuovo parlamento; non c’è una nuova maggioranza; non c’è nulla. Soltanto un pezzo del programma che rientra ciclicamente ad ogni tornata elettorale. Per il centrosinistra invece questa è la prova provata del “golpe”, del sovvertimento delle istituzioni democratiche, del ritorno del Parlamento bivacco delle camicie nere…
Non ritorno sul discorso di Meloni a Marbella né sulla necessità che debba cambiare il simbolo del suo partito così da avere il beneplacito della sinistra. Esiste la Costituzione, esiste la magistratura cui tocca il compito di chiudere i movimenti politici che vogliono ricostituire il disciolto partito fascista. Se la Magistratura non l’ha fatto vuol dire che FDI non è il PNF. Punto. Fine della discussione.
Quindi, è meglio se il centrosinistra si dà una mossa: se spiega perché nonostante sia sempre al governo ancora non c’è un salario minimo garantito; perché ogni giorno muoiono tre lavoratori; perché c’è ancora tanta evasione fiscale e contributiva; perché nei campi italiani i migranti diventano schiavi dei caporali nel silenzio di ispettorati del Lavoro, carabinieri , sindacati e magistrati. Perché se l’area politica che deve liberare le masse oppresse non riesce mai a farlo in questo Paese la colpa non può essere esclusivamente dei racconti di zio Silvio o delle posizioni – notissime, mai cambiate, sempre le stesse da vent’anni… – di Giorgia Meloni su immigrazione irregolare e ruolo della famiglia. Queste sono soltanto puttanate per avere dei titoli sulla stampa e nei tiggì. Ma non è una battaglia di ideali, non è la democrazia contro la tirannide, la resistenza contro la RSI... è l’estremo tentativo di portare a casa due seggi in più per galleggiare un po’ sperando in un governo di unità nazionale da farsi, ovviamente, anche con zio Silvio. Il chè suona davvero molto patetico.