Zaia è un bravo governatore, forse il più bravo. Ma il tempo passa anche per lui. Fra qualche settimana il suo mandato sarà al giro di boa dei due anni e mezzo. Gliene rimangono altrettanti, sempre che non venga chiamato a più alto incarico. Ma poi basta. La legge è legge. Al massimo in regione si possano fare tre mandati .Considerati sei mesi di campagna elettorale, a Zaia rimangono due anni o anche meno. E siccome il tempo passa in fretta, c’è già chi pensa alla successione. Una successione non facile. Come quando un allenatore si va a sedere sulla panchina di uno che ha vinto lo scudetto. Un bel problema, perché chiunque sia, è destinato a subire il confronto e rischia la brutta figura.
Circolano già dei nomi, come quello del sindaco di Treviso, Mario Conte o della vice-presidente delle giunta regionale, la veronese, Elisa De Berti, entrambi leghisti. Adesso spunta anche quello del sindaco di Venezia, Luigi Brugnaro. E rumors provenienti da ambienti ‘solitamente ben informati’ dicono che ci sia chi ci sta lavorando sopra.
Brugnaro non è né di FdI, né di FI, né della Lega. Ha un suo partitino personale, un cespuglio cresciuto nel campo del centrodestra. Ma politicamente non conta molto. L’unica carta che ha è quella di essere diventato – dopo il suo passato di imprenditore (guida la società Umana di lavoro interinale) e dirigente sportivo alla Reyer Venezia – un personaggio televisivo, cosa che oggi vale molto di più che avere esperienza politica. Esempi ce ne sono da vendere. Come quello della covid-star Crisanti che è stato candidato da Letta nelle liste del Pd o di Cottarelli, economista, ospite fisso di Fazio alla trasmissione di Rai3 ‘Che tempo che fa’ o di Ilaria Cucchi, la sorella del giovane morto in carcere per le percosse, anche lei spesso in Tv.
La visibilità deriva a Brugnaro dall’essere sindaco di Venezia. Ma è sufficiente per aspirare alla presidenza del Veneto essere sindaco di una città che, pur conosciuta in tutto il mondo, è in piena decadenza, scesa sotto i 50 mila abitanti e che conserva una certa massa critica solo grazie all’agglomerato urbano di Mestre, che però è tutt’altra cosa anche se fa parte del medesimo Comune?
E’ opportuno che il Presidente di una delle regioni più importanti d’Italia, quella che è considerata la locomotiva economica del paese, possa essere il sindaco di una città, per quanto bella, ma avulsa dal contesto produttivo della regione?
E’ candidabile a guidare una regione di 5 milioni di abitanti con il centrodestra al 70% uno che non sia espressione dei maggiori partiti della coalizione? Ed è accettabile, anche per un’evidente ragione di equilibri geopolitici, che la presidenza del Veneto tocchi per l’ennesima volta ad un rappresentante del triangolo Padova, Venezia, Treviso?
Sono queste le perplessità che sorgono spontanee di fronte ad un’ipotesi che, si spera, rimanga solo tale.