Anna Maria Bigon, consigliere regionale veneto del Pd, vice-presidente e unica veronese della Commissione Sanità, si preoccupa giustamente della mancanza dei medici che solo in provincia di Verona lasciano senza assistenza sanitaria di base circa 30 mila utenti del Servizio Sanitario Nazionale. «Non si può stare con le mani in mano di fronte a un problema grave come quello della mancanza dei medici» dice con sincera preoccupazione. «La medicina territoriale è competenza regionale laddove la stessa può mettere a disposizione personale amministrativo a supporto del medico di medicina generale, caricato oltremodo di un aspetto burocratico, alleggerendoli da queste incombenze, permettendo loro di fare i medici. In questo modo potrebbero certo aumentare il numero di assistiti. A tale proposito ho presentato una mozione affinché la regione intervenga con più risorse».
E’ vero. I medici sono oberati da tutta una serie di incombenze burocratiche che assorbono tempo prezioso alla loro vera attività. E scaricarli di un lavoro accessorio, potrebbe essere un modo per permettere loro di avere più assistiti e coprire così dei buchi nell’assistenza di base.
Ma Anna Maria Bigon non si ferma qui. Vorrebbe anche che il corso triennale di formazione post-laurea, necessario per entrare nel ruolo dei medici di medicina generale, diventasse una vera e propria specializzazione. «A breve -annuncia- presenterò in Regione una proposta di legge statale affinché quel corso diventi una specialità. I giovani medici che intraprendono la strada di medico di base ed accedono al necessario corso di formazione – dice- percepiscono solo 800 euro al mese, a differenza dei loro colleghi che frequentano altre specializzazioni che ricevono il doppio. Questo – osserva la consigliera regionale- non è certo un modo per incentivare i giovani a fare il medico di famiglia. Se venisse istituita la scuola di specializzazione per Medici di Medicina Generale, la retribuzione verrebbe adeguata alle altre e non costituirebbe più un disincentivo alla professione di medico di famiglia».
«Si tratta – spiega Bigon- di porre in essere tutta una serie di misure per tamponare gli effetti di un problema molto più grande, che è quello della mancanza dei medici in generale. Sappiamo tutti che anche l’Università ha delle esigenze formative, ma siamo in emergenza e – conclude Anna Maria Bigon- forse è arrivato il momento di rivedere la legge sul numero chiuso a Medicina».