Le imprese energetiche presenti in Italia solo nei primi 5 mesi del 2022 hanno aumentato i ricavi del 60% rispetto allo stesso periodo del 2021. Per contro molte altre aziende, a causa dei rincari di luce e gas, sono a rischio chiusura.
Questa la denuncia della Cgia di Mestre che ha messo sotto la lente d’ingrandimento le attività delle industrie che estraggono, vendono o lavorano petrolio, il gas naturale, etc.
“Nessuno chiede un accanimento fiscale contro le grandi imprese dell’energia: sarebbe ingiusto” dice la Cgia. Non è detto infatti che ad un aumento del fatturato corrisponda un analogo guadagno. Anche se è molto probabile. “Tuttavia è evidente che il risultato economico di questo settore nell’ultimo anno è stato molto positivo e, per solidarietà e giustizia sociale, queste realtà dovrebbero versare almeno quanto imposto dallo Stato con una legge per “aiutare” economicamente le famiglie e le imprese più in difficoltà”. “Invece, le grandi imprese energetiche si sono guardate bene dal farlo” afferma la Cgia.
Il decreto Aiuti obbliga le imprese energetiche ad applicare l’aliquota del 25% sugli extraprofitti ottenuti con l’aumento dei prezzi di gas e petrolio. “Dei 4,2 miliardi di euro attesi con la prima rata,- precisa la Cgia- lo Stato ha incassato poco meno di 1 mld. Se la nuova norma per recuperare queste mancate entrate inserita nel decreto Aiuti bis non dovesse avere effetto, l’erario potrebbe perdere quest’anno oltre 9 mld dei 10,5 previsti con l’introduzione di questa tassazione sugli extraprofitti”.
Anche se a fronte degli aumenti registrati 9 mld farebbero ben poco per calmierare i costi delle bollette di famiglie e imprese.