“L’ipotesi investigativa secondo cui Mitsubishi e Miteni fossero a conoscenza del problema dell’inquinamento, ampiamente trattato nei diversi report ambientali predisposti dai consulenti tecnici della società, è stata avvalorata chiaramente anche oggi in aula. Le aziende erano pienamente consapevoli del problema ambientale, tanto da farne oggetto di specifiche relazioni tecniche predisposte in funzione della cessione delle proprie azioni, così come in un memorandum confidenziale, che evidenziava l’esistenza di una barriera di trattamento della falda e di monitoraggi funzionali al controllo dello stato dell’inquinamento.
Ciò nonostante non ha fatto nulla per interdire e contenere il fenomeno inquinante”. Lo evidenzia l’avvocato Marco Tonellotto, che con il collega Angelo Merlin assiste le società idriche Acque del Chiampo, Acque Venete, Acque Veronesi e Viacqua costituitesi parti civili nel processo Pfas, in corso presso la Corte d’Assise del Tribunale di Vicenza. Nella giornata odierna è continuato il controesame del maresciallo del Noe di Treviso, Manuel Tagliaferri, che ha condotto le indagini sull’inquinamento da Pfas.
“Appare evidente che l’organizzazione aziendale, anche nel succedersi di diverse proprietà, disponeva – come sottolineato dal teste – di una piena conoscenza del problema, dato che parte degli uomini che se ne occupavano erano gli stessi”.
Se anche in fase di vendita fosse stata occultata o edulcorata la problematica ambientale, l’istruttoria consente di dire che gli acquirenti comunque non sono intervenuti fino al luglio 2013.