L’autunno si avvicina e purtroppo non porta con sé buone notizie. “Siamo ben lontani dal riuscire a lasciarci la crisi energetica alle spalle e il boom del prezzo di luce e gas sta piegando anche le aziende che ostinatamente avevano cercato di andare avanti”, commenta Luca Luppi, presidente di Casartigiani Verona.
Alla chiusura delle aziende inoltre adesso si sta affiancando un problema ancor più grande, legato ad un loro possibile trasferimento all’estero: “È già da qualche anno che Austria, Svizzera e Croazia contattano, attraverso i consolati, i piccoli artigiani e le Pmi e offrono condizioni vantaggiose per trasferire laboratori, competenze e manodopera nel loro Paese – denuncia il presidente Luppi –; io stesso in periodo Covid sono stato contattato dal consolato croato per trasferire la mia attività a Zagabria”.
Il pericolo è reale: tante realtà estere stanno cercando di intercettare il patrimonio artigianale italiano, che spazia in ogni campo (dal vetro alla pelletteria, dalla carta al legno) offrendo condizioni di lavoro estremamente vantaggiose per quanto riguarda costi energia, affitto, materiali e investimenti.
“Noi artigiani siamo da sempre orfani e questa tipologia di lavoro interessa poco Roma, poiché evidentemente muove pochi voti – commenta amaro Luppi -. Come possiamo continuare a tutelare il Made in Italy se c’è qualcuno disposto a comprarci pezzo per pezzo senza che nessuno a livello nazionale sia disposto a tutelarci”.
L’Italia ha una secolare tradizione artigiana, ma si è sempre fatto poco a livello normativo per valorizzare chi lavora con le mani. “Siamo sempre pronti a dire che il tessuto economico e sociale del nostro Paese sono le Pmi, ma solo a parole, perché poi nei fatti non si fa nulla – sottolinea Luppi -. Stiamo perdendo il gusto dell’artigianalità, il passaggio generazionale è sempre più difficile e non c’è più il senso dell’appartenenza alla tradizione”.
“Il lavoro artigianale è creativo e ha il suo fascino, ma se non viene incentivato si perde e se non ci sono iniziative a livello statale che possano coinvolgere anche il mondo della scuola e della formazione in generale questo patrimonio di conoscenze andrà perso, o peggio finirà all’estero”.
Secondo recenti stime, a causa del caro energia, oltre 150mila imprese sono a rischio chiusura, “ma ancora una volta la politica è sorda e cieca alle richieste degli artigiani. Chi pagherà le tasse quando non ci sarà più lavoro? Chi riuscirà a fare compere quando i locali chiuderanno qualche mese all’anno per risparmiare sul costo delle bollette? – dice Luppi -. Bisogna capire dove stiamo andando e serve una programmazione economica nazionale seria per risollevare questo Paese”.