(Di Gianni Schicchi) Un gradito ritorno, quello della Mahler Chamber al Settembre dell’Accademia, ripresentatasi ieri sera sotto la guida dello svedese Leif Ove Andsnes, col quale è già esistente un progetto discografico (Mozart Momentum 1785) che coinvolge la produzione mozartiana degli anni 1785-1787, forse tra i più interessanti, anche sotto l’aspetto quantitativo, del genio salisburghese.
Dopo un memorabile concerto di qualche anno fa, pure interamente mozartiano, condotto da Daniel Harding, l’orchestra si è proposta questa volta con i due Concerti numeri 22 e 24 per pianoforte e la Sinfonia K 504 “Praga”. Un programma sostanzioso e qualificato, fin già dal Concerto n° 22 opera di notevole originalità, dove fra l’altro fanno la loro prima comparsa i clarinetti, innescando un’attenzione tutta speciale per i fiati, più volte portati in primo piano in episodi concertanti. Ma dove la carta vincente del concerto è l’Andante in forma assai libera di tema con variazioni di intimità cameristica e in do minore di immediata forza espressiva.
Anche il n° 24, suonato come brano finale della serata, è in do minore. Un pezzo tragico e grandioso, con l’organico più ampio usato da Mozart in un concerto, che contribuisce a determinare la fisionomia di solido organismo sinfonico, in una perfetta integrazione fra orchestra e solista. E dove l’Allegro di apertura si pone per la ricchezza dei contrasti, la profondità degli sviluppi, la qualità stessa delle idee tematiche, accanto ai grandi primi tempi delle sinfonie.
Quanto alla n° 38 “Praga”, la privazione del Minuetto serve a sottolineare il carattere di solenne drammaticità e di intima serietà, contrassegnata da una scrittura densa ed elaborata fino all’estesa e complessa introduzione lenta del primo tempo, che presenta la straordinaria ricchezza tematica propria alla forma-sonata del Mozart più maturo accogliendo fitti sviluppi contrappuntistici. La vivacità del Finale si affida soprattutto alla prodigiosa ricchezza delle ramificazioni polifoniche, in un inseguirsi inarrestabile di idee reso ancor più scintillante dalla magnifica strumentazione.
La Mahler Chamber, tutta in piedi, guidata dal primo volino concertatore, con i quattro violoncelli in primo piano, ha confermato l’ottima impressione di sempre, conciliando disciplina ed entusiasmo, nitore e freschezza, una sorprendente chiarezza espositiva nei momenti di maggiore complessità, come negli intricati intrecci polifonici del tragico finale.
Pur con tempi meno spediti, rispetto a certe altre sue incisioni – recentissime quelle per Sony Classic nei concerti K 466, 467, 482 – l’esecuzione della Praga ne esce a tratti di vibrante e travolgente vivacità per i colori e la accentuazione dei contrasti (straordinaria la prova della flautista), tesa a cancellare la vulgata di un Mozart spesso composto, bonario e un po’ inamidato, ma con una freschezza ed una coerenza che escludono ogni puntiglio dimostrativo. Si è volato alto anche nel Mozart dei Concerti 22 e 24, insieme filologici e modernissimi, liberati da ogni leziosità decorativa e compiaciuta stilizzazione settecentesca.
Ottima la prestazione del pianista Leif Ove Andsnes che in veste di solista compie una classicissima esecuzione, riducendo al minimo le ornamentazioni aggiunte del tempo centrale e crea ovunque una convincente cantabilità. Eccezionale successo della serata, con numerose chiamate per direttore e orchestra, che hanno concesso come bis il delizioso Andante dal Concerto n° 21 in do maggiore K 467.