“Fa un certo effetto dirlo, perché in Italia il termine ha un’accezione diversa, e anche con una sfumatura negativa, rispetto a quello che significa all’estero. Ma il mio ruolo in Senato sarà quello del ‘lobbista‘ di Verona”. Questa l’interpretazione autentica che dà alla sua elezione Matteo Gelmetti, storico militante della destra veronese ed attualmente vice-presidente di VeronaFiere.
Ci spieghi meglio…
“E’ semplice. Il mio ruolo ai vertici della Fiera, uno dei più importanti asset di Verona, e la mia esperienza lavorativa mi hanno insegnato che è fondamentale per la città avere a Roma un terminale che ne curi gli interessi, che faccia rete per individuare soluzioni e acquisire i finanziamenti necessari alla crescita della nostra economia. Ecco, io credo che sarà questo il mio ruolo come rappresentante dei veronesi”.
Un’interpretazione dinamica della carica di senatore. Lei la mette a disposizione anche dell’amministrazione Tommasi, che è di sinistra, ovvero di segno opposto a FdI?
“Certamente. La campagna elettorale è finita. E io intendo rappresentare tutti i cittadini, a prescindere dal partito che hanno votato. Se l’amministrazione Tommasi avrà bisogno di intervenire a Roma a tutela degli interessi della città, io sono a disposizione. Anche per dimostrare a tutti che gli uomini e le donne di destra non sono quelli che sono stati dipinti finora dalla propaganda di sinistra, ma antepongono sempre l’interesse collettivo a quello individuale. E questo vale soprattutto quando di mezzo c’è il bene di Verona”.
E ha già un’idea di quali potranno essere gli interventi di cui Verona ha bisogno?
“Oddio, non ci vuole molto a immaginarli. Parto dalla Fiera, che è l’asset strategico che conosco meglio. Va potenziata e finanziata in quanto è un volano economico del territorio. Pensiamo solo a quanta gola fa ad altri il Vinitaly, fiore all’occhiello di VeronFiere. Ma anche di tante altre manifestazioni. Poi c’è tutto il discorso delle infrastrutture, dell’urbanistica, del turismo, dell’agricoltura…”
Insomma da fare ce n’è. E guardando più in là, oltre le mura della città, alle prossime scadenze politiche vede delle prospettive per Verona e per Fratelli d’Italia?
“La scadenza più importante in prospettiva sono le elezioni regionali del 2025. Mancano due anni e mezzo ed è prevedibile che ora di allora FdI e in particolare Verona, possano reclamare per sé la presidenza della regione. Sono cinquant’ anni che non è espressa da un veronese. Dopo i 15 anni di Zaia e gli altri 15 di Galan, uno di Treviso e l’altro di Padova, è ora che la presidenza tocchi a Verona”.
E magari, viste le proporzioni, che spetti al partito della Meloni di indicare il candidato?
“A beh, certo! Se le scelte degli elettori hanno un significato è giusto che sia così. E questo vale per Fratelli d’Italia, che è il partito di gran lunga più votato in tutto il Veneto, ma anche per Verona, che è la provincia dove il partito ha ottenuto più voti. Naturalmente sempre nell’ambito di una condivisione con gli alleati visto che l’unità del centrodestra è fondamentale. A livello nazionale come a livello locale.
Già, l’unità del centrodestra. Dolente nota per Verona visto quello che è successo a giugno con la vittoria della sinistra…
Vero. E’una ferita che brucia ancora. Ma intanto godiamoci questa vittoria.