Fratelli d’Italia primo partito italiano, primo partito nel Veneto oltre il 30%, primo partito a Verona. Lei, oltre ad essere deputato uscente è anche il responsabile provinciale. Responsabile in tutti i sensi. E quando si è responsabili lo si è nel bene e nel male. Della serie: onori e oneri. Stavolta, onorevole Maschio, solo onori!
Una bella soddisfazione, no?
«Una grande soddisfazione, dopo anni di duro lavoro. Il risultato elettorale è andato oltre le più ottimistiche previsioni. Soprattutto in Veneto e in particolare a Verona, che è la provincia dove FdI ha preso più voti: il 35,9% al Senato e il 35% alla Camera, confermandosi ancora una volta la capitale della destra veneta. Ma un risultato così né il Msi né Alleanza Nazionale lo aveva mai raggiunto. Merito della politica di Giorgia Meloni».
Certo, ma il 30% del Veneto è sopra di 4 punti alla media nazionale. Come noi spiega?
«Il Veneto è fatto di gente che produce e lavora. È la regione con la più alta percentuale di piccole e medie imprese. Qui le famiglie e le imprese si sono sentite abbandonate da Governi che hanno fatto politiche assistenzialiste come il reddito di cittadinanza penalizzando il mondo produttivo. Ed hanno dato fiducia a Giorgia Meloni e a Fratelli d’Italia che ha sempre mantenuto una politica chiara, concreta, coerente, affidabile».
Un 30% che, prima o poi, non potrà non avere delle ripercussioni a livello regionale…
«Per adesso siamo impegnati a fare il Governo. Le elezioni regionali non sono in agenda. Peró è normale che anche nella nostra regione non si potrà non tenere conto del peso di Fratelli d’Italia nei nuovi equilibri».
Ma dentro il successo nazionale e regionale c’è un piccolo capolavoro politico che Ciro Maschio ha costruito silenziosamente, com’è nel suo stile. Un lavoro particolarmente delicato, anche perché lui stesso parte in causa, essendo deputato uscente e quindi in pista per la ricandidatura. Una ricandidatura che molti davano per scontata. Non solo perché uscente e vicino alla Meloni, ma anche perché è stato fra i fondatori del partito nel 2013 e per il partito ha sempre lavorato, tanto da doversi sobbarcare per un paio d’anni, oltre al ruolo di responsabile provinciale di Verona, anche quello di commissario della federazione di Padova. Insomma, un fedelissimo della Giorgia che non poteva non essere ricandidato. Ma che si è dedicato ad un altro obiettivo: portare a Verona il maggior numero di parlamentari di FdI possibile. E c’è riuscito.
Per la prima volta la destra Veronese ha 5 parlamentari: 4 deputati e un senatore. Un risultato storico…
«Effettivamente 5 parlamentari della destra tutti di Verona non c’erano mai stati. Alleanza Nazionale nel 1996 era riuscita a portarne i parlamento 3: Pasetto, Danieli e Giorgetti. 5 su un totale di 9 parlamentari. Altri 2 sono della Lega, 1 di Forza Italia e solo uno della sinistra».
Una sinistra che si può dire abbiate letteralmente asfaltato. Un dato in stridente contrasto con la debacle elettorale alle comunali…
«Vero. Dato che dimostra al di là di ogni ragionevole dubbio che l’unità del centrodestra è un valore. Che dove il centrodestra è unito, vince. E dove è diviso perde».
E allora perché alle comunali di Verona, che non sono state vent’anni fa, ma meno di 3 mesi fa, Il centrodestra è andato diviso?
«Qualcuno ha anteposto le ambizioni personalistiche all’interesse comune, spaccando il centrodestra che unito aveva quasi il 60% contro una sinistra al 40%. Logiche divisive, sia politiche che umane, che hanno prodotto il disastro che abbiamo visto tutti. Ma la grandissima affermazione di FdI e della coalizione dimostra che s’è trattato di un episodio e che la destra veronese gode di ottima salute».
E adesso? Sia sincero, non sente sulle spalle una grandissima responsabilità a gestire un partito che ha le dimensioni di quella che una volta era la Democrazia Cristiana con una struttura di un partito che fino a qualche tempo fa aveva il 4%?
«Infatti ci aspetta un gran lavoro. Ma siamo fiduciosi perché abbiamo una classe dirigente affidabile, con delle professionalità in grado di guidare senza problemi la trasformazione da piccolo a grande partito. Una trasformazione in tutti i sensi. Sia organizzativo che politico. Nel senso che vogliamo rappresentare tutti, a cominciare dalle categorie economiche che in questo momento patiscono di più per la crisi. Una crisi preoccupante, la peggiore dal 1945 ad oggi. Talmente preoccupante che anche Giorgia Meloni, come tutti noi, non ha fatto neanche in tempo a gustare il meritato successo che deve affrontare problemi enormi, come il costo dell’energia, la crisi economica che ne deriva, una situazione internazionale difficilissimi. Ma com’è nella nostra cultura lo affrontiamo mettendo l’interesse nazionale davanti a tutto».