(di Stefano Tenedini) Ma l’Europa ha ancora bisogno del cristianesimo? Da molto tempo questo dubbio è legittimo: non solo perché la laicizzazione della società ha ridotto il peso del pensiero religioso nella quotidianità e nella politica. Vent’anni fa ci fu un dibattito acceso ma anche fuorviante quando si ragionava se inserire o meno nella Costituzione della UE un richiamo alle “radici giudaico-cristiane dell’Europa”. Le strumentalizzazioni ne fecero un brand da rivendicare o negare, mentre il riferimento doveva essere ai principi e ai valori dell’identità storica e culturale europea. Un’occasione perduta.
Ma la domanda rimane. E in un mondo sempre più globale, partecipato, variegato e multietnico il rapporto tra società e religione non può essere scrollato di dosso come un retaggio medievale. Un tema affascinante nella sua modernità antica. Ne ha parlato a lungo, con toni pacati ma con contenuti estremamente densi, il cardinale Willem Eijk, olandese, una figura di grande rilievo nella Chiesa che continua a farsi domande sul futuro. A 69 anni ha alle spalle una laurea in medicina e una specializzazione in bioetica medica, in cui affrontò il nodo dell’eutanasia. Fu ordinato sacerdote nel 1985, nominato vescovo da Giovanni Paolo II e fatto cardinale con papa Ratzinger nel 2007. Il card. Eijk ha affrontato il tema a Verona nell’incontro dalla Fondazione Toniolo: ad ascoltarlo il nuovo vescovo mons. Domenico Pompili e un pubblico molto numeroso.
Prima del Covid in Olanda solo 150 mila fedeli frequentavano le chiese: ma questo numero, già basso per un Paese di 17 milioni di abitanti, oggi è sceso ancora, a 90 mila. In vent’anni i cattolici dei Paesi Bassi si sono ridotti del 30%: sono 3,7 milioni, meno di un quarto degli abitanti. Succede perché mentre gli anziani fedeli muoiono, i genitori non fanno più battezzare i figli. E le chiese – quelle cattoliche ma anche le protestanti – vengono chiuse con un ritmo di due o tre ogni settimana. Succede perché senza un sostegno come l’8 per mille italiano non ce la fanno a sostenere le spese; ma anche per il crescente disinteresse degli olandesi.
Quest’anno per la prima volta nella storia agnostici e atei supereranno il numero di coloro che si professano credenti. Tanto che con l’eccezione di alcune diocesi, come quella di Utrecht (dove però i giovani sono attratti più da cultura e corsi di formazione che dalla fede), decine di chiese si fondano in una sola parrocchia per mantenere almeno un presidio. L’Olanda, come il resto d’Europa ma in modo più macroscopico, sta quindi voltando le spalle alla Chiesa. Il clero le sta provando tutte per cercare di limitare l’erosione, come ritornare a essere una comunità, o concentrare l’attività nelle chiese rimaste aperta e non subire il dramma delle chiusure.
Ma sembra una fatica inutile. “La secolarizzazione nei Paesi Bassi inizia negli anni Quaranta, quando già ci si trovava in chiesa più per mantenere il legame sociale che non per l’attrazione della fede”, spiega il cardinale. “La religione cominciava già a diventare un elemento astratto, che non toccava più le vite dei cittadini e quindi perdeva significato, fino ad essere messo da parte. Una crisi già notata da Giovanni Paolo II, allora giovane studente in Olanda. Fu però a metà degli anni Sessanta, quando la crescita economica e il benessere stimolarono l’individualismo e l’allontanamento dalla tradizione, che la religiosità degli olandesi ebbe un tracollo”.
Il card. Eijk ha parole dure per i suoi connazionali: spiega che l’autonomia fortemente voluta dagli individui ha sfaldato i legami sociali, indebolito i riferimenti alla fede e influito sui comportamenti etici. Descrive così questa deriva: “C’era già una contraddizione fra i diritti rivendicati dalle persone e il conformismo del pensiero: tutti erano concordi nel chiedere più libertà per se stessi, ma questa stessa libertà non veniva riconosciuta a chi si richiamava al credo tradizionale. Allineati all’opinione comune, e guai a discostarsene, gli olandesi hanno rimosso il bisogno di trascendenza. Una visione del mondo che prosegue da più di mezzo secolo, da quando l’Occidente intero è permeato di un materialismo postmoderno”.
L’opinione senz’altro controcorrente del cardinale è che con il venire meno della visione di Dio nella società, s’è impoverito anche il senso stesso dell’uomo, con una sorta di incredulità della società attuale verso qualunque principio non sia immediatamente al servizio del proprio benessere. Tanto da scoraggiare perfino i preti, che quasi non osano uscire dalle canoniche per affrontare nuovi temi così scottanti. “Più che opposizione sta diventando indifferenza”, dice. “E ciò spiega anche perché anche la religione sia preda del conformismo: un prodotto quasi da supermercato, come se una spiritualità valesse l’altra. Ne abbiamo un esempio nelle statue del Buddha che hanno sostituito in molte case il crocefisso: sembra che la sua immagine sorridente, soddisfatta e opulenta rappresenti perfettamente il benessere individuale voluto dalla società, molto meglio del Cristo dolente che ospitavamo nelle nostre vite”.
A questo si aggiunge un’avversione ormai generalizzata per dogmi e precetti, sostituiti da una libertà a tutti i costi che aumenta la confusione dei credenti. E cresce anche il relativismo etico, con posizioni su diritti e valori che, puntualizza, “hanno qualcosa di dittatoriale, nel momento in cui le opinioni divergenti dalla visione condivisa dall’opinione pubblica vengono respinte e represse. La Chiesa deve tacere, chiusa nel recinto della vita privata, azzittita ed espulsa dalla società – come capita con l’eutanasia, il crocefisso nelle scuole o la difesa della vita – e privata del diritto di diffondere il suo messaggio. Nei Paesi Bassi questa appare come una parabola ormai compiuta”.
“Ci sono molti elementi negativi nel mondo moderno, ma da religioso sono tutt’altro che deluso e sfiduciato. Come vescovo”, prosegue, “ho attraversato molte tempeste mediatiche per aver sostenuto i valori della Chiesa, ma lo rifarei e continuerò a farlo. Ho fede perché se anche ci sono meno cattolici in chiesa, chi ci va oggi è convinto, non frequenta la parrocchia solo per abitudine ma con una consapevolezza che non vedevo da tempo. Papa Ratzinger si chiedeva se la Chiesa avesse un futuro. Sì, ce l’ha, anche se con numeri minori e un modello rinnovato: è sempre presente e cosciente, nonostante in Occidente appaia messa all’angolo. Dovrà ripartire dal proprio patrimonio etico e da una nuova creatività nei comportamenti. E deve trovare futuri leader anche nella vita politica”, conclude il cardinale Eijk. “Dopo la Seconda Guerra mondiale uomini come De Gaulle, De Gasperi e Adenauer si strinsero intorno all’idea di far rinascere una comunità, dando vita all’Europa Unita. Ma prima di tutto dobbiamo, come si dice, fare ordine in casa nostra, con riferimento agli scandali che hanno colpito purtroppo anche la Chiesa”.