I medici di base non vogliono diventare dipendenti delle Asl – per noi in Veneto delle Ulss- ma rimanere nell’attuale rapporto di convenzione. E’ quanto emerso dal congresso nazionale della Fimmg, il sindacato dei medici di medicina generale, in corso Villasimius in Sardegna. La loro posizione era nota ed era stata motivata ampiamente: con la dipendenza verrebbe meno il rapporto fiduciario con il paziente e l’autonomia del medico. Il passaggio dal medico-libero professionista convenzionato col SSN e il medico-funzionario non solo non è gradito alla categoria, ma è prevedibile che danneggerebbe anche il rapporto con il paziente, spersonalizzandolo. Senza considerare le ripercussioni sul sistema previdenziale della categoria che potrebbe saltare.
Da più parti è stato piuttosto ventilato, come compromesso fra la libera professione e la dipendenza, un rapporto di ‘para-subordinazione, del tipo di quello che attualmente caratterizza la relazione degli specialisti con le Asl.
Posizione negativa anche sulle prospettate Case di Comunità, cuore della riforma della medicina territoriale prospettata dal ministro Speranza di concerto con la Conferenza Stato-Regioni. I medici di base vogliono rimane con l’attuale assetto degli studi privati.
E non sono mancati riferimenti alla pandemia. La Fimmg non accetta che i propri associati vengano tacciati di essere stati dei fannulloni. Anzi, i medici di famiglia sostengono di essere stati lasciati soli davanti al Covid, cosa che ha causato 400 morti nella categoria e l’abbandono di molti camici bianchi.
Anche la mancanza di medici è stata al centro del dibattito. Ma restando sempre all’interno delle normative vigenti, senza provvedimenti straordinari, come l’abolizione del numero chiuso a Medicina e dei corsi di formazione in medicina generale. La proposta della Fimmg è di inserire la materia di medicina generale già durante i 6 anni di università. Se partisse il triennio di questi corsi potrebbero entrare nei ruoli della medicina di base 3 mila nuovi medici coprendo molti dei buchi che si sono venuti a formare nell’assistenza territoriale a causa dei pensionamenti e degli abbandoni.