“I segnali registrati nei mesi scorsi sono stati confermati a settembre con un calo di 5.000 posti di lavoro. Se pensiamo che, complessivamente nel trimestre, i posti di lavoro persi sono 6.200, ben si comprende la preoccupazione. Va detto che i numeri negativi sono effetto dell’andamento dei contratti stagionali in agricoltura”.
È questo il commento dell’Assessore regionale al lavoro Elena Donazzan rispetto ai dati sull’occupazione in Veneto relativi al mese di settembre pubblicati oggi su La Bussola di Veneto Lavoro che indicano come l’andamento dei contratti stagionali in agricoltura, con un prevalere delle cessazioni rispetto alle assunzioni, determina nel terzo trimestre 2022 un saldo occupazionale negativo per -6.200 posizioni lavorative dipendenti (rispetto alle +6.100 del 2021 e alle 2.000 in meno del 2019).
“D’altro canto- evidenzia Donazzan – emerge la crescita delle assunzioni nell’industria e nei servizi, con ottimi risultati oltre che nel turismo, nei settori delle calzature, dell’occhialeria, della concia e del turismo. Elementi positivi che dimostrano il valore del nostro manifatturiero di qualità e tutta la produzione legata al lusso made in Italy”.
Infatti, a livello numerico, la dinamica positiva registrata da industria e servizi compensa il calo del settore primario sul fronte delle assunzioni: i 153.000 nuovi reclutamenti del periodo luglio-settembre risultano allo stesso livello di quelli registrati nel 2021 e in crescita del +3,7% rispetto al 2019. Il mese di settembre, caratterizzato dalle dinamiche stagionali relative alle attività di vendemmia, è quello che determina il bilancio trimestrale, con un saldo negativo di 5.000 posizioni lavorative.
“Nonostante la preoccupazione crescente, i dati evidenziano in Veneto prospettive occupazionali positive rispetto al contesto economico fortemente influenzato dalle dinamiche internazionali – aggiunge l’Assessore Donazzan -. Registriamo saldi positivi in tutte le province, con picchi a Venezia e Verona e l’eccezione di Belluno. Appare ridimensionato anche il fenomeno delle dimissioni, che permane oggetto di monitoraggio specifico e di attenta analisi insieme al quadro generale dei dati sull’occupazione di questi mesi di incertezza”.
Le cessazioni sono state complessivamente 159.000 nel trimestre (+8% sul 2021), la maggior parte delle quali dovute alla conclusione di contratti a termine. Le dimissioni, 50.200 nel trimestre e complessivamente 153.800 da inizio anno, rappresentano circa un terzo delle cause di risoluzione e sembrano essere un fenomeno in diminuzione rispetto ai primi mesi dell’anno.
L’andamento occupazionale dei primi nove mesi dell’anno è positivo in tutte le province, con l’eccezione di Belluno (-1.400). Le assunzioni si sono concentrate nei mesi di aprile e maggio, soprattutto nelle province ad elevata propensione turistica di Venezia e Verona, che registrano i saldi più positivi, rispettivamente 23.000 e 26.300 posti di lavoro in più da inizio anno. Più distanti, ma sempre in terreno positivo, gli altri territori: Treviso +7.700, Padova +7.100, Vicenza +5.100 e Rovigo +3.300. Il volume delle assunzioni è in netto incremento rispetto al 2021, con un massimo del +36% a Venezia e un minimo del +2% a Rovigo.
Complessivamente, da inizio anno il mercato del lavoro veneto ha registrato una crescita di 71.000 posti di lavoro dipendente, così suddivisi: +16.000 nel settore primario, +18.000 nell’industria e +37.000 nei servizi. La domanda di lavoro è aumentata del 19%, con andamenti particolarmente vivaci nei settori delle calzature (+59%), dell’occhialeria, della concia e del turismo (tutti attorno al +40%), mentre l’agricoltura segna un -6%, frutto di un anno abbastanza povero sul versante dei reclutamenti.