(di Paolo Danieli) Non so quanto durerà. Ma che ai vertici dello Stato ci siano due persone indubitabilmente di destra mi fa piacere e mi ripaga delle angherie che noi che abbiamo militato a destra abbiamo subito.
Che alla presidenza del Senato, seconda carica dello stato e supplente del presidente della Repubblica, ci sia l’amico Ignazio La Russa ha un valore simbolico che possono cogliere solo quelli che con lui hanno una storia in comune. Quei giovani che hanno iniziato a fare politica negli anni ’60 nel Msi e che ne hanno passate o viste di tutti i colori. Quelli che ‘fascisti carogne tornate nelle fogne’ e ‘ammazzare un fascista non è reato’. Quelli che erano ‘fuori dall’arco costituzionale’ e che come primo punto del programma politico avevano la sopravvivenza. Quelli che avevano difficoltà a trovare lavoro perché erano di destra e che la polizia andava a perquisire alla mattina all’alba tanto per rendergli la vita difficile. Quelli che avevano il coraggio di affrontare la soverchiante massa dei comunisti. Quelli che hanno visto incarcerare o assassinare altri giovani come loro, come Sergio Ramelli, che La Russa ha voluto ricordare nel suo discorso di insediamento. Lo ha fatto, ricordando anche altre vittime della violenza. Dovere istituzionale. Ma lo ha fatto. Ha ricordato il martire della destra per eccellenza. E per noi della destra veronese, che per primi in Italia eravamo riusciti a intitolargli una via -vicino alla stazione Porta Nuova c’è via Sergio Ramelli- è un riconoscimento.
Il tempo passa, ma è galantuomo. E chi pensa che essere fedeli a degli ideali sia fuori moda sbaglia. Certo i tempi cambiano. E anche quei giovani di allora sono cambiati. L’importante è che abbiano conservato i valori e le idee per cui hanno fatto la loro battaglia. Una battaglia che non è vinta, perché nel frattempo si è creata a livello mondiale una situazione completamente nuova. Ma che due risultati li ha ottenuti: il riconoscimento, ora anche istituzionale, e la possibilità di portare avanti quelle idee della nostra dottrina che permangano valide. Le idee, cioè la sostanza. Non la forma o gli atti esteriori. Tantomeno gli errori, che inevitabilmente punteggiano le cose umane.
E il significato che alla presidenza della Camera ci sia il nostro concittadino Lorenzo Fontana, esponente di spicco della destra leghista, è pure motivo di grande soddisfazione. Perché se lui, che è nato nel 1980, è portatore di quei medesimi ideali per i quali la generazione precedente ha combattuto, vuol dire che quella battaglia è stata fertile ed è riuscita a trasmetterli, a renderli attuali. Con sfumature diverse, ovviamente. Per questioni generazionali. Ma le radici sono sempre le stesse. Quelle profonde che non gelano mai e che continuano a dare dei frutti.
Due uomini della destra ai vertici della Repubblica, proprio perché di destra, dovranno dimostrare di avere il senso dello stato non solo nelle dichiarazioni d’intenti dei loro discorsi d’insediamento. La prima cosa sarà far percepire a tutti gli italiani, quelli del nord e quelli del sud che per diversi motivi sentono lo stato come una controparte, che lo Stato non è quello che ti multa, che ti fa pagare troppe tasse, che ti costringe a mille adempimenti burocratici idioti, che da te vuole subito i soldi ma che quando te li deve dare lo fa quando vuole lui. Devono riuscire a farlo percepire, anche attraverso la realizzazione dell’autonomia, come un’entità vicina, che ti aiuta nel bisogno e ti gratifica pensando che ne sei parte.
Due uomini della destra ai vertici della Repubblica. E una donna della destra, fra qualche giorno, a capo del governo. Ma non ricomincino con la solita storia del fascismo. Una cosa è certa: di farci l’esame del sangue non ce lo deve chiedere più nessuno!