(di Paolo Danieli) E’ normale ricordare la Marcia su Roma, avvenuta il 28 ottobre del 1922. E’ uno di quegli eventi che hanno cambiato il mondo, innescando tutta una serie di eventi che altrimenti non ci sarebbero stati, in quel gioco imprevedibile di azioni e reazioni che caratterizzano la storia. Impossibile non ricordarla.
La storia non si fa né con i se, né con i ma. Ma se Mussolini non avesse fatto la Marcia su Roma tante cose sarebbero cambiate. E questo aiuta a comprenderne la portata storica. Il Fascismo sarebbe stato altro. Hitler non avrebbe avuto un modello da emulare. La guerra non sarebbe scoppiata ecc. ecc.
Invece la marcia su Roma c’è stata e il Fascismo è andato al potere. Non è durato molto, una ventina d’anni. Ma in così poco tempo ha cambiato l’Italia e la politica dell’intero continente. Movimenti fascisti sono sorti in tutta Europa: in Germania, ma anche in Spagna, Portogallo, Ungheria, Romania, Croazia, Belgio, Inghilterra, Norvegia, Cecoslovacchia, Irlanda.
L’Italia e l’Europa dopo il 28 ottobre del 1922 non sono più state quelle di prima. Nel bene e nel male. Piaccia o non piaccia, tutto è partito da quel giorno di cento anni fa. E allora come non parlarne? C’è la giornata dei nonni, quella dell’Alzheimer, quella della donna, dell’acqua, del cane, del gatto e del caffè. Come non ricordare una data che ha cambiato i destini del mondo?
Ma dipende anche da come la si ricorda.
E’ sbagliato farlo secondo un culto nostalgico-sepolcrale che ancora è presente, pur se in forme residuali. E’ lecito, ma non serve. Come è sbagliato pretendere che questa data venga ignorata. La ‘damnatio memoriae’ per un evento epocale non può esistere. La storia è storia. E non si può far finta che quel che non piace non sia esistito. Questione di onestà intellettuale e di rispetto per la verità.
Il problema non si porrebbe nemmeno se di mezzo non ci fosse il Fascismo. A distanza di un secolo dalla sua fine se ne continua a parlare, a proposito e a sproposito.
Alcuni lo agitano ancora come un pericolo. Ma è un espediente propagandistico utilizzato per tenere insieme i cocci di una sinistra sempre più in crisi. Altri lo hanno studiato, come ha fatto Renzo De Felice e come fa Giovanni Parlato. E come di tutti i fenomeni storici lo si può valutare e condannare. Ma raccontare che a cento anni dalla Marcia su Roma il Fascismo possa ancora costituire un pericolo è una fandonia cui non credono neanche quelli che la utilizzano oggi perché la destra è andata al governo.
Solo che questa destra con il Fascismo non c’entra niente. O meglio, ne ha a che fare come ognuno di noi, in quanto figli del nostro tempo determinato anche da quei lontani eventi.
Prima di tutto perché il Fascismo non era di destra. Era completamente al di fuori degli schemi usciti dalla Rivoluzione Francese. E poi perché la destra italiana i conti con il Fascismo li ha già fatti da tempo. Prima ancora di Fiuggi. E se il Msi fino agli anni ’70 è stato un movimento neo-fascista che fondava la sua esistenza sulla testimonianza e sulla polemica storiografica, poi con l’evoluzione politica voluta da Almirante e con il cambio generazionale ha perso definitivamente questa connotazione trasformatosi in un partito di destra. Alleanza Nazionale sancì definitivamente e al di là di ogni possibile dubbio tale cambiamento. Fratelli d’Italia addirittura non ha alcun rapporto non solo con il Fascismo, ma nemmeno col neo-fascismo.
A cento anni dalla Marcia su Roma, chiarito che il Fascismo va considerato solo come fenomeno storico, come il Risorgimento, il Colonialismo, la Rivoluzione Francese ecc., bisogna dire che sarebbe stupido non coglierne e attualizzare le idee originali che ha espresso. Il superamento della lotta di classe, per esempio, è stato uno dei capisaldi della sua dottrina che solo oggi si comprende quanto sia attuale. Lo stesso dicasi per la collaborazione fra lavoratori e datori di lavoro e per la partecipazione agli utili come strumento di coinvolgimento dei dipendenti nei destini dell’impresa. Il successo dell’economia del Nordest, basato sulle piccole e medie imprese dimostra quanto l’identificazione del lavoratore nell’azienda sia determinante per il suo successo. Ma anche l’idea che l’Italia debba avere l’autosufficienza alimentare ed energetica, risposta autarchica alle sanzioni di allora contro l’Italia, è oggi attualissima e alla portata della comprensione generale.
Per non parlare della politica demografica, che per primo il Fascismo aveva intuito essere fondamentale per il futuro dell’Italia, e di cui ci accorgiamo troppo tardi.
Al netto della violenza, della mancanza di libertà, della guerra e delle leggi razziali, che tutti condanniamo e che sarebbero oggi inaccettabili, ricordare la Marcia su Roma può essere l’occasione per chiudere per sempre la polemica fascismo/anti-fascismo e guardare a quel fenomeno storico con serenità, disincanto e onestà intellettuale.