(di Bulldog) Sono servite 8mila parole a Giorgia Meloni per avviare la Terza Repubblica. Lo so, vi suona troppo ridondante ed elogiativo. Ma il discorso del Presidente del Consiglio di poche ore fa ha fatto la storia. Quella repubblicana senz’altro. Perché con oggi finisce il periodo della conventio ad escludendum; dei partiti padronali a difesa delle libertà (!); dei governi fatti per forza mettendo dentro tutto ed il contrario di tutto; del populismo di destra e di sinistra; della fuga dalle responsabilità. In 8mila521 parole, Giorgia Meloni ha fatto un passo deciso verso un nuovo partito conservatore italiano che non guarda più indietro, ma che punta diritto al futuro.

E per uno di quei momenti strani del destino, a Londra nelle stesse ore Rishi Sunak diventava primo ministro usando pubblicamente dei toni che non erano per niente lontani da quelli di Meloni: «Questo governo avrà integrità, professionalità e responsabilità a tutti i livelli. La fiducia si guadagna e io guadagnerò la vostra» ha detto Sunak guardando fisso in telecamera davanti al numero 10 di Downing Street. Un caso? Forse no, dato che Giorgia Meloni ha passato gli ultimi due anni a guidare – nel disinteresse della stampa italiana –  il gruppo dei conservatori europei dove sono presenti i Tories britannici ed il Likud israeliano e dove invitati fissi sono i Repubblicani statunitensi. E dove, anche qui non è un caso, i toni usati per l’ambientalismo sono assai simili a quelli che predica da anni Re Carlo e che persino uno come Carlin Petrini non disdegna. Altro e ben di più di polacchi e ungheresi…

Come Rishi Sunak, Gorgia Meloni ha parlato al singolare; ha parlato di sé stessa; del suo essere underdog; del suo essere in fondo quella “madre, donna, cristiana e italiana” che aveva scandalizzato – chissà poi perché – la sinistra delle ZTL e del mainstream. Ha rivendicato il merito, ha parlato ai giovani, ha promesso di non scaricare sulle loro spalle nuovi debiti (proprio come Sunak), ha promesso di lavorare per creare per loro un’Italia di opportunità e non di sussidi e mercimonio. Non ha nascosto la crisi (proprio come Sunak).  

E’ un’altra Giorgia Meloni rispetto agli interventi di  piazza? Ovviamente sì. Il discorso di oggi era l’apertura ufficiale di una nuova legislatura in Parlamento, ma i valori, gli impegni, non sono cambiati da quei comizi. Quei temi saranno la base di governo di una nuova destra repubblicana: «A volte riusciremo, a volte falliremo, ma state certi che non indietreggeremo, non getteremo la spugna, non tradiremo» .

Quali i passaggi più significativi del discorso del Presidente del Consiglio?  Il primo: «Libertà e democrazia sono gli elementi distintivi della civiltà europea contemporanea, nei quali da sempre mi riconosco e, dunque, anche qui, a dispetto di quello che strumentalmente si è sostenuto, non ho mai provato simpatia o vicinanza nei confronti dei regimi antidemocratici; per nessun regime, fascismo compreso, esattamente come ho sempre reputato le leggi razziali del 1938 il punto più basso della storia italiana, una vergogna che segnerà il nostro popolo per sempre. I totalitarismi del Novecento hanno dilaniato l’intera Europa, non solo l’Italia, per più di mezzo secolo, in una successione di orrori che ha investito gran parte degli Stati europei e l’orrore e i crimini, da chiunque vengano compiuti, non meritano giustificazioni di sorta e non si compensano con altri orrori e altri crimini; nell’abisso non si pareggiano mai i conti: si precipita e basta».

Il secondo, il ruolo delle donne italiane che hanno reso possibile a Giorgia Meloni di guidare oggi  il Paese: «Penso con riverenza, a coloro che hanno costruito, con le assi del loro esempio, la scala che oggi consente a me di salire e di rompere il pesante tetto di cristallo che sta sulle nostre teste. Donne che hanno osato, donne che hanno osato per impeto, per ragione o per amore. Come Cristina, elegante organizzatrice di salotti culturali e barricate, come Rosalie, testarda al punto da partire con i Mille che fecero l’Italia, come Alfonsina che pedalò forte contro il vento del pregiudizio, come Maria (Montessori) o Grazia (Deledda)  che, con il loro esempio, spalancarono i cancelli dell’istruzione alle bambine di tutto il Paese. E poi Tina (Anselmi), Nilde (Iotti), Rita (Levi Montalcini), Oriana (Fallaci), Ilaria (Alpi), Mariagrazia (Cutuli), Fabiola (Giannotti), Marta (Cartabria), Elisabetta (Alberti Casellati), Samantha (Cristoforetti), Chiara (CorbellaPetrillo). Grazie per aver dimostrato il valore delle donne italiane, come spero di riuscire a fare ora anche io».

Scienziate, politiche risorgimentali, sportive, giornaliste, astronaute, due premi Nobel, una staffetta partigiana ed una politica comunista attaccata per i suoi sentimenti privati, una cittadina ebrea che ha conosciuto sulla propria pelle l’orrore delle leggi razziali, una madre che ha dato la vita per il proprio bambino rinunciando alle cure invasive contro il cancro. Difficile trovare ragioni per contestare questo pantheon.

Terzo punto, l’Italia. Nona caso, la parola più usata: «…la nostra imbarcazione, l’Italia, con tutte le sue ammaccature, rimane «la nave più bella del mondo», per citare la celebre espressione che usò la portaerei americana Independence quando incontrò la nave scuola Amerigo Vespucci. Un’imbarcazione solida alla quale nessuna meta è preclusa se decide di riprendere il viaggio. Allora noi siamo qui per tentare di ricucire le vele strappate, fissare le assi dello scafo, superare le onde che si infrangono su di noi, con la bussola delle nostre convinzioni a indicarci la rotta…».

Quarto punto, i giovani: «L’Italia non è un Paese per giovani. La nostra società nel tempo si è sempre più disinteressata del loro futuro, persino del diffuso fenomeno di quei giovani che si autoescludono dal circuito formativo e lavorativo, così come della crescente emergenza delle devianze… e, di fronte a questo scenario preoccupante, la proposta principe di certa politica in questi mesi è stata promettere a tutti la cannabis libera, perché era la risposta più facile. Ma noi, a differenza di altri, non siamo qui per fare la cosa più facile… penso di conoscere abbastanza bene l’universo dell’impegno giovanile, una palestra di vita meravigliosa, indipendentemente dalle idee politiche che si sceglie di difendere e promuovere. Confesso che difficilmente riuscirò a non provare un moto di simpatia anche per coloro che scenderanno in piazza per contestare le politiche del nostro Governo, perché inevitabilmente tornerà nella mia mente una storia che è stata anche la mia. Io ho partecipato a tantissime manifestazioni, ho organizzato tantissime manifestazioni nella mia vita, e penso che ciò mi abbia insegnato molto… Quindi, voglio parlare a questi ragazzi che inevitabilmente scenderanno in piazza anche contro di noi… Steve Jobs diceva: “Siate affamati, siate folli”. Vorrei aggiungere anche: “Siate liberi”, perché è nel libero arbitrio la grandezza dell’essere umano».

Non sarà quello di Abraham Lincoln a Gettysburg, ma anche questo discorso va salvato e studiato. Perché getta davvero le basi di un nuovo blocco conservatore che rischia di avere un peso non indifferente nella prossima decade.