(di Paolo Danieli) Giorgia Meloni è la prima donna della storia italiana a diventare capo del governo. Tutti, anche l’opposizione, se ne sono rallegrati. E giustamente. Il fatto mette la parola fine a tutta una serie di pregiudizi. Primo fra tutti quello che spaccia l’immagine di una destra retriva che si oppone all’emancipazione femminile. E’ la smentita vivente di quell’etichetta appiccicata alla destra dalla propaganda avversaria. Ora nessuno può più sparare la balla della destra maschilista che vorrebbe la donna un passo indietro rispetto all’uomo. A dir la verità, non lo si poteva dire neanche prima, visto che Giorgia Meloni era già capo indiscusso di un partito che lei, donna, è riuscita a portare dal 2 al 26% nel giro di 9 anni.
Fatta piazza pulita di questo pregiudizio però, adesso bisogna fare un passetto in più. Preso atto che la presunta situazione di svantaggio delle donne in politica non esiste; che a destra, ma ci piace pensare anche a sinistra, le persone vengono misurate per quello che valgono, maschi o femmine che siano, nei partiti come nelle aziende, negli ospedali, negli studi professionali, nelle scuole, nello sport e nell’arte, ora bisogna abolire le ‘quote rosa’.
Giorgia Meloni ha dimostrato al di là di ogni ragionevole dubbio che le donne per emergere non hanno bisogno di una ‘riserva indiana’. Non sono dei panda da proteggere.
Anzi, di più: mantenere le ‘quote rosa’ ora, sarebbe ancora più offensivo per le donne di quanto già non lo fosse prima.
Se in politica ci sono meno femmine che maschi è perché le donne che preferiscono fare altro. Siete mai stati a una qualsiasi riunione politica di qualunque partito? La proporzione maschi/femmine è nel migliore dei casi di 1 a 6 o anche meno. E secondo voi c’è qualcuno che impedisce loro di partecipare? I partiti o anche il più insignificante dei movimenti politici hanno tutto l’interesse a raccogliere adesioni! E’ falso che se ci sono meno donne in politica è perché vengono escluse. Non c’è quindi motivo di garantire loro delle quote riservate. Addirittura in certe realtà, come per esempio i piccoli comuni, le ‘quote rosa’ diventano un problema quando c’è da costituire la giunta, per il semplice fatto che molte volte, proprio perché la base di partenza è esigua, non si sa a che donna far fare l’assessore. E per rispettare la legge bisogna ‘inventarsela’.
Le ‘quote rosa’ sono anacronistiche, dannose e offensive per le donne. E chi, allora, meglio di una donna, le può abolire?