Acque Veronesi è partner di un rivoluzionario progetto europeo – denominato H-Hope acronimo di Hidden Hydro Oscillating power for Europe ovvero energia idroelettrica fluttuante per l’Europa – che punta a produrre energia elettrica sfruttando la cinetica dell’acqua, generando meno costi, meno consumi e minori emissioni. Il progetto vede coinvolti ben quattordici partner, tra università, centri di ricerca, multiutilities e gestori idrici, in rappresentanza di otto paesi europei: Spagna, Svezia, Turchia, Islanda, Repubblica Ceca, Austria, Slovenia e Italia.
Sul tavolo un finanziamento di 5 milioni di euro, conquistato nell’ambito del programma comunitario Horizon per realizzare un progetto molto ambizioso e sostenibile con il quale si vuole utilizzare le risorse idriche per ottenere energia. Si chiama H-Hope ed è un progetto nato in Italia che vede capofila l’Università di Padova e come unico gestore idrico coinvolto Acque Veronesi. Nel prossimo futuro, utenti pubblici e privati potranno sfruttare questa tecnologia.
“L’obiettivo è quello di ricavare energia rinnovabile da fonti non sfruttate” conferma il presidente, Roberto Mantovanelli, nei giorni scorsi a Bruxelles con il direttore operativo Diego Macchiella per il kick-off del progetto. “Come? Sviluppando una tecnologia a basso costo per recuperare l’energia non sfruttata nell’acqua che abbiamo nelle condotte e negli impianti di depurazione. Un’occasione che abbiamo colto con grande interesse perché tutto quello che ci permette di fare innovazione, riducendo consumi, costi ed emissioni inquinanti va nella giusta direzione” ha spiegato il presidente di Acque Veronesi. “Questo progetto si sposa perfettamente con le attività di digitalizzazione e distrettualizzazione delle reti per le quali abbiamo anche presentato istanza per i fondi del PNRR e, ulteriore vantaggio” conclude Mantovanelli “l’autoproduzione ricavata dal flusso dell’acqua può essere utilizzata per digitalizzare la rete anche in zone dove non c’è l’energia elettrica”.
A scendere nei dettagli del progetto, che avrà una durata di quattro anni, è anche la professoressa Giovanna Cavazzini del dipartimento di Ingegneria Industriale dell’Università di Padova: “Il fine è che l’energia recuperata dal residuo delle acque degli impianti di distribuzione e di trattamento possa alimentare la sensoristica che consenta di digitalizzare le reti idriche non sfruttate a livello elettrico. Una tecnologia a basso costo e sostenibile di fondamentale importanza in uno scenario energetico futuro, che prevede l’ottimizzazione di tutte le risorse non solamente energetiche ma anche idriche”.