Lo aveva già detto in campagna elettorale Marcello Gemmato, quand’era responsabile della Sanità di FdI, che la riforma del SSN basata sulle Case di Comunità non gli andava bene. Adesso lo ribadisce anche nella sua veste di sottosegretario alla Salute. “Così come sono state immaginate, secondo me e secondo il Ministro, non vanno a soddisfare l’esigenza di sanità territoriale di cui noi abbiamo bisogno”.
Lo ha affermato al Congresso della Società italiana di medicina generale.

Un bel problema. Perché tutta la costruzione del nuovo assetto della medicina territoriale uscito dal confronto Stato/Regioni e categorie è incentrato proprio sulle Case di Comunità, che dovrebbero pian piano sostituire gli ambulatori individuali dei medici di base per aggregarli in modo da poter mettere loro a disposizione anche un minimo di struttura e di personale finalizzato ad alleggerire i Pronto Soccorso e gli Ospedali in genere. Dovevano essere 1350. A conti fatti, dice Gemmato, ce ne dovrebbe essere una ogni 40-50 mila abitanti: troppo poco per servire il territorio.

E aggiunge: se poi mancano i medici, chi ci mettiamo nelle Case di Comunità? Senza pensare ai finanziamenti: ”quando finiranno i soldi del Pnrr come verranno mantenute? Penso alle spese per il riscaldamento o per la luce…” 

Questa la posizione del sottosegretario e del Governo. Ma ormai la riforma è stata impostata e è molto difficile che si possa arrivare a stravolgerla radicalmente. Bisognerà vedere quali modifiche il nuovo esecutivo potrà apportare. Gemmato, che è farmacista, pensa ad una medicina territoriale impostata ancora sugli ambulatori di prossimità e sulle farmacie che, giustamente, essendo capillarmente diffuse sul territorio possono essere un punto di forza del sistema. Ma la visione di Gemmato, mantenendo sostanzialmente lo status quo, magari con qualche modifica, non risolve né il problema degli accessi impropri ai Pronto Soccorso né quello delle assurde incombenze burocratiche che oberano i medici di famiglia. E, come del resto quella impostata sulle Case di Comunità, non tiene conto del problema principale: mancano i medici.