(di Stefano Tenedini) Lo aveva anticipato pochi giorni fa in un’intervista a Il Sole 24 Ore il Ceo di Generali Italia Giancarlo Fancel: non solo il marchio Cattolica non è in discussione, ma il programma di integrazione prosegue come previsto e i risultati che la società veronese acquisita un anno fa porta alla compagnia triestina sono molto più che soddisfacenti. Poco fa se n’è avuta la conferma: si attendono “sinergie superiori a quanto inizialmente atteso”, con sinergie fra 120 e 130 milioni entro il 2025, rispetto alla stima di 80 milioni previsti nel 2026 segnalata nel lanciare l’Opa.
Per quanto riguarda il processo di integrazione il gruppo comunica inoltre che la creazione di un portafoglio prodotti a disposizione delle agenzie Cattolica, semplificato e centralizzato con Generali Italia, “sta procedendo in modo rapido ed efficace, confermando così l’evidente valenza strategica che era stata illustrata al momento dell’offerta pubblica”. L’attesa è per un utile netto normalizzato al 2024 delle attività core di Cattolica di almeno 145 milioni: questo si tradurrebbe in un contributo supplementare di +0.4 punti percentuali da parte delle attività veronesi alla crescita dell’utile medio per azione nel periodo 2021-2024. Infine le voci core nel bilancio di Cattolica dovrebbero far registrare nel 2025 un utile netto compreso tra 171 e 178 milioni.
Tornando all’analisi di Fancel, il Ceo di Generali Italia aveva sottolineato che il brand di Lungadige Cangrande riveste grande valore per Trieste, e sarebbe stato controproducente sotto ogni aspetto toglierlo dalle insegne per metterci appunto il Leone. Una posizione logica che sta dando come visto i primi risultati, compresa l’accelerazione del progetto di integrazione che marcia spedito, tanto che – proprio attraverso l’ingresso di Cattolica – Generali si trova oggi a essere la prima compagnia italiana nel ramo danni sia auto che non auto.
I numeri generati dalle attività veronesi restano considerevoli anche nel quadro del gruppo: i 5,2 miliardi di premi raccolti nel 2021, ultimo dato reale in attesa di conferme dall’esercizio in corso, peseranno circa il 7,5% sul totale della raccolta di Generali, con una proiezione interessante nel comparto “salute e protection” vita. A sostegno di un’integrazione senza marce indietro il Ceo ha sottolineato il valore di una clientela fidelizzata e concentrata su aree di business chiave come le piccole imprese, i professionisti, il terzo settore (con lo storico focus su associazionismo, cooperazione ed enti religiosi) e soprattutto l’agricoltura.
Tornando all’andamento dell’integrazione in atto, per chiudere la sua intervista a Il Sole 24 Ore, Fancel aveva precisato la sequenza degli interventi dedicati alla rete delle agenzie. Il piano prevede di coinvolgere le prime 50 agenzie (in totale sono più di 1300) di Cattolica nel mettere a disposizione dei clienti i principali prodotti danni di Generali. In contemporanea sarà necessario adeguare “i necessari processi digitali di gestione”. Ma già da gennaio 2023 si prevede di attivare tutta la rete. L’estensione del pacchetto prodotti però non farà perdere di vista il controllo sui profitti: la spinta a integrare il modello commerciale non andrà quindi a discapito dei margini, come si è già visto quest’anno nel segmento non auto, con un +10% nei confronti dell’esercizio ante Opa.
Insomma, al di là dei timori che hanno accompagnato tutta la vicenda Cattolica prima, durante e dopo (“dopo” per poco, a dire il vero) l’Opa, per Generali comprare Lungadige Cangrande – terminando la gestione Bedoni e sottraendola al lunghissimo e lento logorio del titolo in Borsa- è stato un affare sotto ogni punto di vista. Il costo totale dell’operazione è stato inferiore a 1,4 miliardi, sommando i due step. Ai 300 milioni dell’aumento di capitale riservato, che aveva portato in dote il 24,4% del capitale, va infatti aggiunto il costo dell’Opa dell’autunno 2021 e delle varie operazioni conseguenti, fino al delisting di agosto.
Il Leone ha quindi vinto la scommessa e ha già cominciato a incassarne i dividendi. E Cattolica? Davvero c’è qualcuno a Verona che se la sente ancora di contrastare il salvataggio (siamo onesti, di questo si è trattato), di contestare il valore attribuito alle azioni, di rimpiangere improbabili altre cordate? L’auspicabile sviluppo di Lungadige Cangrande insieme al Leone, senza i paventati smantellamenti, licenziamenti, distruzioni di valore, sarà nei prossimi anni la migliore risposta. E la strada imboccata sembra già fin d’ora quella giusta.