Come gestire l’impatto dei cambiamenti climatici sulle malattie delle piante, l’adattamento delle piante infestanti all’aumento dell’anidride carbonica nell’aria e l’arrivo sempre più frequente di nuovi insetti, il tutto alla luce delle limitazioni all’uso dei prodotti fitosanitari proposte dall’Unione Europea entro il 2030? Da queste prospettive si è sviluppato il convegno tecnico sulle “Nuove sfide della difesa fitosanitaria: cambiamenti climatici, organismi alieni e limitazioni legislative” organizzato da Agrea Centro studi alla Cantina Rocca Sveva di Soave. All’incontro con numerosi esperti universitari erano presenti o in remoto circa 400 professionisti tra agronomi, forestali e periti agrari.

Massimiliano Pasini, Presidente di Agrea, ha sottolineato che “gli effetti dei cambiamenti climatici sono ormai sotto gli occhi di tutti, causando in Italia l’aumento di specie dannose tipiche di paesi più caldi. Gli agricoltori dovranno in futuro tenere conto dei cambiamenti dei cicli vitali degli insetti e quindi adeguare i mezzi di difesa, anche alla luce del possibile cambiamento legislativo europeo, che potrebbe prevedere di ridurre del 50% il consumo di agrofarmaci entro il 2030 (il 62% per l’Italia) secondo la strategia del Farm to Fork. In campagna si dovranno fare delle scelte”, ha aggiunto. “Utilizzare sempre meno i prodotti consentiti e impiegare sostanze alternative, alcune delle quali però ancora in fase di studio. Inoltre l’Italia è un Paese a rischio per gli insetti alieni anche perché presenta il più ampio profilo costiero sul Mediterraneo”.

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I relatori al convegno di Agrea a Soave sulle nuove minacce e lo stato della ricerca sugli agrofarmaci

Gianfranco Romanazzi dell’Università Politecnica delle Marche ha parlato di innovazione nella protezione della vite dalle principali malattie. “La ricerca, sperimentazione e applicazione di strategie di biocontrollo e l’uso di sostanze di base”, ha evidenziato, “potrà contribuire ad avvicinarsi agli obiettivi previsti dalla strategia europea. Le sostanze di base sono quelle di uso comune nella vita di tutti i giorni, ma possono venire sperimentate anche sulle avversità delle piante. Tra esse ci sono ad esempio la birra, il chitosano, il carbone vegetale argilloso, la polvere di semi di senape, il bicarbonato di sodio”. Non sono sostanze risolutive ma la ricerca continua: ad esempio, il chitosano, ha spiegato Romanazzi, derivato dai gusci di crostacei o estratto dai funghi, sulla peronospora della vite può essere efficace quanto il rame.

Andrea Lucchi dell’Università di Pisa si è dedicato alle problematiche della vite parlando di Fitofagi e fitomizi presenti e temuta introduzione nei vigneti italiani. E ha illustrato varie specie di insetti e la loro pericolosità come la Lycorma delicatula, non presente in Italia, originaria della Cina e del Vietnam e introdotta negli Stati Uniti nel 2014, che, in situazioni più gravi, può portare alla morte del vigneto in 3-4 anni.

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Alberto Alma dell’Università di Torino ha approfondito la conoscenza su Scaphoideus titanus e altri vettori della flavescenza dorata della vite. L’insetto ha colonizzato i vigneti a cavallo del 45° parallelo, ma si sta progressivamente diffondendo verso nord-nordest. “È necessario tenere controllati anche gli adulti”, ha spiegato, “e osservando cosa accade nell’agroecosistema intorno al vigneto, usare le molecole in modo corretto nei momenti e modi opportuni. La ricerca non si interrompe mai ed è necessario riflettere sulle sostanze canoniche ma anche su altri strumenti utili”.

La difesa fitosanitaria del melo: problemi emergenti e sfide future è stato il tema trattato da Claudio Ioriatti della Fondazione Edmund Mach di Trento. “Anche il melo non è esente da organismi invasivi come la cimice asiatica”, ha detto. “Le possibili limitazioni legislative europee chiedono alla frutticoltura di raggiungere obiettivi impegnativi. Uno studio americano ha evidenziato gli impatti economici e sulla sicurezza alimentare applicando i nuovi obiettivi: si prevede un -12% di produzione e +17% di incremento dei prezzi per i consumatori. Per le aziende melicole trentine sarebbe -8,3% di produzione e il -6% del prezzo per il produttore. La ricerca può però trovare valide alternative ai prodotti di sintesi”.

La gestione delle piante infestanti tra cambiamenti climatici, problematiche agronomiche ed ambientali è stato infine l’intervento di Giuseppe Zanin dell’Università di Padova, che ha illustrato come con i cambiamenti climatici e l’aumento delle temperature esse possano diventare più resistenti e persistenti. Serve quindi una gestione agronomica adattata alle nuove situazioni, che stanno cambiando con una capacità di adattamento sempre più veloce.