(di Carlo Rossi) Come si dice in castigliano, “El domingo, una cita con la gloria”. La “torcida” albiceleste a Verona è fortissima e gli hinchas si stanno organizzando per trasformare la prossima domenica in una grande festa. Sarà il quarto scontro in un Mondiale tra i Blues e “gli immortali”, come canta l’inno di Messi e co. Nel primo degli incontri, nel 1930, finì 1-0 per l’Albiceleste con gol di Monti all’81° (l’Argentina perse poi la finale a Montevideo con l’Uruguay) che quattro anni dopo, naturalizzato italiano in quanto ravennate di famiglia, vince il primo mondiale dell’Italia e fu l’unico ad arrivare in due finali mondiali con due casacche di colore diverso.
Uno dei primi alfieri è Ricardo Jantus, classe ‘63, patron del ristorante argentino Le Colombare: «Noi argentini siamo un popolo di migranti. Pare ce ne siano 600mila in giro per il mondo. Moltissimi in Europa, tanti, tra cui la mia famiglia, in Italia. La nostra storia, tra dittature militari e profonde crisi economiche, ci ha costretti spesso ad abbandonare una terra che amiamo, a volte allontanandoci da famiglie accoglienti e numerose. Io e il mio ristorante italo argentino, Le Colombare di Verona, ci siamo da 32 anni. Io sono di Buenos Aires, e ci stiamo preparando con entusiasmo alla finale prevista domenica. Faremo orario continuato, anticipando la partita con una parrilla argentina al gran completo. Non mancheranno empanadas e vino Malbec! E per concludere, in ogni caso, un Fernandito, cocktail argentino a base di cola e fernet, che non può mancare in tempo di festa. C’è poi quell’inno argentino, che ha fatto il giro del mondo: che nomina Diego (unico e solo), Messi, ma anche “los pibes de Malvinas“, i ragazzi morti nelle Malvinas, che il mondo chiama ancora Isole Falkland, ma dove morirono in battaglia alcuni miei compagni. Abbiamo sentito gli italiani molto vicini durante questo mondiale, strano per tanti motivi, non ultimo la mancanza degli altri azzurri che amo. La magia del calcio, dello sport in generale forse, è che le emozioni che si provano quando si vince o si perde, assomigliano tanto alla vita.»
Verona legata all’Argentina più che alla Francia. Lo testimonia il recente progetto che vede insieme Scuola, lavoro e rugby, mettendo insieme la Valpolicella con Mendoza, una delle capitali del mondo del vino. Ma non solo uomini . Le donne sono anch’esse supertifose come Daniela Pezzutti di Buenos Aires con origini italiane che segue moltissimo le vicende della nazionale. Argentina, una passione che trascende i confini
Un altro “Doppio” e’ Joaquin Ferrero. “Sono nato in Argentina, Capital Federal en Palermo, quartiere di Jorge Luis Borges, terra di Diego e Lionel. Mi chiamo Joaquín, ho 37 anni e ancora una volta ci tocca in una finale di Coppa del Mondo. Per la prima volta, lontano dai miei amici e miei fratelli, perché sono emigrato dal mio paese nel maggio 2021 e sono arrivato a Verona solo con mia moglie, alla ricerca del sogno del progresso, proprio come fece il nonno di mia nonna, nella mia terra natale nel 1899.
Nell’ ultimo mese, le vite di tutti gli argentini nel mondo si sono fermate perché abbiamo inseguito il nostro sogno e quello di Lionel Messi, diventare campioni del mondo. Mancano solo poche ore per vivere gli ultimi 90 o 120 minuti di questo sogno; siamo una banda di fedeli uniti da una unica “corda” che collega con ogni punto del mondo, per tifare per la nostra Nazionale. Non possiamo pensare a cosa verrà dopo, se non a tutto ciò che viene prima, dall’inizio di questa avventura».
Altro legame tra Valpolicella ed Argentina , Alessandro Speri che a Mendoza e Salta produce vino: «A Mendoza i vigneti vengono allevati a partire dai 600 metri di altitudine, per arrivare anche ai 1700; il clima secco, con bassi livelli di precipitazioni e di umidità, permette alle viti di crescere sane e rigogliose, senza bisogno di particolari trattamenti». In particolare, Alessandro ha scelto per la propria azienda il terroir de La Consulta dove, rispetto al resto della Valle di Uco, si hanno maggiori escursioni termiche e anche in autunno, quando le temperature scendono ovunque, le giornate si mantengono calde, permettendo ai tannini di raggiungere il loro punto ottimale di maturazione; le notti, poi, molto fresche, non permettono che i livelli di acidità dell’uva si abbassino troppo.
Non poteva non essere presente la testimonianza di uno di più famosi tangueri di Verona, dalla Scuola di Tango Argentino Tango Club di Verona, Max Marino. Max , 50 anni da 25 anni nel tango, ha studiato con Naveira ed è veronese: «Gustavo Naveira e Giselle Anne costituiscono una della più belle e consolidate forme espressive del tango moderno. Sono un punto di riferimento tanto in Europa quanto nelle Americhe, grazie ad una carriera tanto come insegnanti quanto come protagonisti delle principali scene mondiale dedicate al tango». Racconta e tifa Argentina.
La sua scuola annovera oltre 200 allievi ed è la numero uno a Verona . Uno di questi i chiamo Martin Ipuche, nato a Buenos Aires nel 58, poi vissuto molti anni a Rosario. In Italia da 20 anni per lavoro. «Lo sport che pratico è il rugby ma guardo spessissimo anche calcio, specie il mondiale e qualche volta Boca. Ovviamente spero in una vittoria argentina». (in apertura foto El Clarin)