(di Stefano Tenedini) Da oggi addio sconto e la benzina torna ad aumentare. Le autostrade, anche. Poi abbiamo l’inflazione e le bollette caricate dei costi dell’energia, che fanno rabbrividire il nostro portafoglio ogni volta che lo apriamo. Insomma, il 2023 (cui diamo comunque il benvenuto, sperando che sia meglio del 2022) non si annuncia come un anno facile. Che poi: se c’è almeno un lettore che si ricorda un anno che si annunciava entusiasmante o se non altro sereno, me lo faccia sapere e me lo dimostri con i dati, che lo voglio intervistare. Insomma, come al solito per l’Italia sarà un anno scomodo. E per Verona?
Anche questa è una storia vecchia e sarebbe quasi inutile rivangarla: come i buoni propositi di San Silvestro, alimentati dai sensi di colpa più che dalla buona volontà, tanto da qui alla Befana sono già evaporati (io vorrei riciclare quelli del 2019, per dire). Ma ci torniamo su perché la speranza è l’ultima a morire: chissà che a furia di continuare a ripeterla, la litania prima o poi faccia breccia. Non parlo di numeri perché li pubblichiamo sempre ancora croccanti, e il 1° gennaio è tradizione parlare di bilanci e previsioni. Quindi non vorrei sottolineare somme, sottrazioni e tendenze che i lettori conoscono già.
Ma c’è un momento, “quel” momento, la mattina appena svegli nell’anno nuovo, in cui bisogna guardare la realtà che ci appare nello specchio. Siamo in forma? Siamo invecchiati, e come? Cos’abbiamo fatto per sistemare qualche ruga o qualche “pendenza” prima che diventino crepe e ci trasformino in una Torre di Pisa a rischio crollo? La prova del nove l’economia la fa tutti i giorni, non solo per vidimare i libri contabili. Infatti le aziende che vogliono resistere tracciano la rotta con anni di anticipo e la correggono man mano. Sì, le aziende. Ma l’economia dipende anche da altri attori, più “lenti”. Il punto è questo.
Sul lato delle imprese, dei professionisti, del terziario, dell’agricoltura, dall’alimentare, delle start up, dell’innovazione e della tradizione, diciamo che Verona se la cava. Ci sono numerose eccellenze: su L’Adige ne trovate puntualmente le storie, quindi ciascuno può prendere a riferimento quelle che conosce e apprezza di più. Ci sono anche le crisi, a volte risolte in modo brillante e altre senza lieto fine, che però il sistema produttivo è quasi sempre in grado di riassorbire. I mercati ce la mettono tutta per far saltare gli equilibri, ma i numeri non mentono: Verona tiene le posizioni e riesce a farsi strada.
Il problema, spiegano i sabotatori, è che basta una chiave inglese in un piccolo ingranaggio per bloccare una locomotiva e di conseguenza un treno e un’intera ferrovia. Verona (non solo: purtroppo vale per tutta Italia) è piena di sabotatori che non saranno certo volontari ma che seppure inconsapevolmente lavorano per il nemico, i concorrenti. Per impoverire questo immenso patrimonio di competenze, creatività e impegno che costruiscono, consolidano e sviluppano un modello economico territoriale. Dal più visionario degli imprenditori al ventenne appena assunto, tutti si danno da fare per crescere. Sì, ma il sistema?
Il sistema Verona, per essere generosi, diciamo che dormicchia. Se ci pensate, in tutte le sinapsi che contano e che devono lavorare insieme per assicurare e favorire lo sviluppo c’è una componente più o meno presente e acuta di torpore. Come se chi ha il compito organizzativo o istituzionale di suonare la sveglia per cogliere le occasioni si sia dimenticato di puntarla e quindi si alzi quando il treno è già passato. Per non parlare dei veti incrociati, delle antipatie personali, della lentezza e della distrazione, dei contrasti ideologici, dei fondi spostati dove magari non servono ma producono amici e benemerenze.
No, di nomi non ne faccio, tanto ciascuno ha il proprio catalogo. Anche perché Tizio e Caio sono l’effetto, non la causa; il sintomo, non la malattia. Il vero problema è che bisognerebbe rinchiuderli in una stanza con Sempronio, Bruto, Cassio e tutti gli altri finché non si mettono a collaborare. Faccio solo un esempio. Sentiamo dire che Verona, più che posizioni, rischia di perdere occasioni e opportunità. Se non si sveglia tra 10-20 anni conterà sempre meno. In politica e in economia, cultura, finanziamenti, eccellenza in senso lato. Lo sappiamo. Alcuni (pochi) ne parlano con passione, ma poi vengono lasciati soli.
Non ci sono modi educati per dirlo. Se Verona aspira a diventare ininfluente sotto tutti questi profili, siamo sulla strada giusta. Non piangiamo più per la fuga dei cervelli: perché mai chi ne ha uno dovrebbe restare qui ad appassire? Non lamentiamoci se chi ha successo nel lavoro evita la politica: perché dovrebbe smettere di fare le cose e limitarsi a sognarle per poi vederle immobilizzate? “Non chiederti cosa il tuo Paese può fare per te, chiediti cosa puoi fare tu per il tuo Paese”. John F. Kennedy: nel 2023 saranno 60 anni dal suo assassinio. Non prendiamoci in giro: se ci sembra solo vuota retorica, anche noi siamo parte del problema.